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SO! – All words and no feelings, make Jack a dull boy EP

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I SO!, a dispetto del nome dal respiro decisamente internazionale, vengono fuori dal Valdarno, più precisamente da Montevarchi. E’ da qui, dalla provincia di Arezzo che costruiscono il loro ponte idealmente proiettato verso due delle aree statunitensi, l’Illinois e il Kentucky, che più hanno cambiato volto al rock dalla la fine degli anni 80 in poi. La cosiddetta scuola di Chicago – definizione che non rende gloria all’altra città simbolo, Louisville – è infatti l’evidente punto di partenza del quartetto toscano.
Una fucina di band incredibili (Tortoise, Gastr Del Sol, June Of ’44, Codeine) che seguì le lezioni dei due punti di riferimento di quel filone cui verrà appiccicata la scomoda etichetta di post-rock o di post-core, i veri iniziatori del genere, gli Slint, che riadattarono l’hardcore degli anni 80 in chiave psichedelica ed eterea, il guru Steve Albini che, con i suoi Rapemen, lo riadattarano con sonorità più industriali e meno frenetiche.
Sarebbe tuttavia ingiusto limitarsi a includere o peggio precludere, operazione valida in band come i Rosolina Mar, anche i SO! nel suddetto filone. Basta ascoltare i quattro minuti della travolgente apertura, “Mammooth’s step” per capirne i motivi. I riff sono effettivamente da primi Slint, ma i fulminanti cambi di tempo alla Fugazi, innescati da Riccardo Romagnoli e Lorenzo Perferi (rispettivamente basso e batteria) ridisegnano in poche mosse ogni scenario e ogni previsione. “It’s hard to think” ne è la prova evidente. Non è impresa da poco condensare in tre minuti le lezioni di Slint (sempre loro, soprattutto nella voce parlata che emerge, lontana e sommessa, dall’avvolgente tappeto sonoro) e June Of ’44. “Experimental man with horse” è la sintesi tra “scuola di Chicago”, il noise-rock italico dei Marlene Kuntz (quelli delle spore strumentali di “Ho ucciso paranoia”), le accattivanti intuizioni lo-fi dei Pavement e lo shoegaze di My Bloody Valentine e Ride. Non a caso – anche per inclinazioni e tendenze personali, devo ammetterlo – il brano più emozionante e riuscito della raccolta. In “Let godt” emerge quella singolare sintesi tra Fugazi e Sonic Youth, ritmi altalenanti e perfetti incastri di chitarre capaci di ipnotizzare l’ascoltatore, un tempo prerogativa, almeno in Italia, dei Marlene Kuntz, che però trova imprevedibilmente sfogo in perentori riff, folgoranti quanto granitici, cari a Kyuss e agli Squirrel Bait o, andando ancora indietro, ai leggendari Big Black di Albini.
L’abilità dei SO! sta tutta nel non forzare l’operazione classica del genere. Quella di passare da torbide atmosfere post-core ad atmosfere più rassicuranti e morbide disegnate dagli arpeggi delle due chitarre di Francesco Fucà e Marco Zampoli . E soprattutto senza dilatare i brani in lunghe e scontate suite strumentali che tanto nei pionieri del post-rock risultavano un punto di forza, quanto nei proseliti un punto debole.
Rischio che si concretizza solo nel brano più autenticamente post-rock della raccolta, “Florence ‘66”. Dalle fioche chitarre iniziali – che richiamano alla mente quei diabolici giri dei Mogwai che solitamente preludono alle tipiche esplosioni – fino, appunto al vorticoso crescendo che deflagra nell’alluvione conclusiva. Scusate l’amaro giro di parole, ma il titolo sembra fare più o meno esplicitamente riferimento ai tragici eventi di quel novembre di oltre quarant’anni fa.
In questa promettente prova d’esordio, “ALL WORDS AND NO FEELINGS, MAKE JACK A DULL BOY” ci sono dunque tutti gli ingredienti per attendere con curiosità gli sviluppi nel primo vero album che dovrebbe vedere la luce agli inizi dell’anno prossimo per la Seahorse Recording di Paolo Messere (figura di riferimento del genere nonché leader dei Blessed Child Opera ed ex-Ulan Bator).

P.S. I più arguti coglieranno la citazione kubrickiana da “Shining”, a sua volta ripresa dal romanzo di Stephen King da cui è tratto il film. Quella pila di fogli con su scritto “All work and no play, make Jack a dull boy” che si materializza nella mente di Jack Nicholson – nonostante l’immotivata traduzione italiana “Il mattino ha l’oro in bocca” sta a dire che il troppo lavoro e la mancanza di svago fanno uscire di testa Jack – che i SO! reinventano sostituendo alle parole work e play le parole words e feelings. Troppe parole e nessuna emozione fanno uscire fuori di testa Jack.
Non una divagazione superflua insomma, ma un’ulteriore indicazione sulle atmosfere introspettive ed empatiche dei SO!|

Tracklist
1 Mammoth's step
2 Florence '66
3 Let Godt
4 It's so hard to think
5 Experimental man with horse
6 Enjoy your trip Bernardo

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