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The Vines – Melodia

2008 - Ivy League Records
rock, garage, indie

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Tracklist

1.Get Out
2.Manger
3.A.S III
4.He\'s A Rocker
5.Orange Amber
6.Jamola
7.True As The Night
8.Braindead
9.Kara Jayne
10.MerryGoRound
11.Hey
12.A Girl I Knew
13.Scream
14.She Is Gone

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Rieccoli! Puntuali come un orologio svizzero tornano i The Vines, band australiana che regolarmente pubblica un album in studio ogni due anni dall’ormai lontano 2002. Con “Melodia” stiamo a quattro, cosa impensabile per chi ormai dava del pazzo al frontman Craig Nicholls, affetto dalla Sindrome di Asperger (particolare forma di autismo), diagnosticatagli nel 2004. Eppure, nonostante pause forzate e brusche interruzioni di tour vari, i quattro australiani hanno continuato a sfornare musica, prima con Vision Valley del 2006 ed ora con questo nuovo lavoro dall’italianeggiante titolo.

Già, si dice che ora “non sono più quelli dei tempi di Highly Evolved”, e probabilmente queste voci non possono considerarsi neanche tanto infondate se si parla di originalità e creatività musicale rispetto all’album di debutto appena citato che, tra l’altro, riuscì a superare il milione di copie di vendite in tutto il mondo. Da allora il calo è stato netto, e forse non solo per colpa della crisi discografica.

I Vines sono stati presentati da subito come un gruppo ispirato a Beatles e Nirvana. Strano accostamento, ma ascoltando i brani di Highly Evolved risulta evidente proprio questa loro duplice anima: ballate beatlesiane alternate a pezzi urlati con sferzanti schitarrate grunge. Quest’ambivalenza tende ad attenuarsi e quasi a sfumare nei successivi album, ma torna di prepotenza proprio in Melodia. Qui, infatti, non mancano tracce tiratissime come Get Out, Manger, Braindead o anche la più cantabile (e orecchiabile) He’s a Rocker, pubblicata come primo singolo. Ciò che differenzia la band
australiana con la maggior parte dei gruppi indie improntata sullo stesso genere è proprio l’uso di quella “melodia” che si discosta totalmente dal target “rockettaro” del terzo millennio. Cosa dire, a tal proposito, di brani come Autumn Shade III, Orange Amber, True As The Night o Kara Jayne? Mielose ballate o perline acustiche? Certo, qui l’accostamento al quartetto di Liverpool può apparire blasfemo. Ma nonostante i Vines non abbiano inventato niente di nuovo, non apportando nulla di particolarmente innovativo al genere, credo sia un grande merito la loro capacità di saper costruire brani su tre-quattro accordi, evitando tuttavia di cadere nel banale (la qual cosa ha fatto la fortuna di predecessori ben più illustri).

In questo modo Nicholls e compagni si dimostrano ancora una volta un gruppo che accontenta sia il fan di ultima generazione (legato all’anima più aggressiva dei Vines), che il nostalgico di quelle tipiche atmosfere beat provenienti dai decantati anni ’60.

Melodia non cambierà la vita di nessuno, ma in un epoca dove il rock sembra scivolare man mano verso orizzonti sempre più elettronici e multiformi, sovrapponendo generi su generi, i brani di quest’album si riappropriano di un’essenza primordiale, allo stato puro, di una semplicità quasi imbarazzate e forse fin troppo cruda per l’abituale groviglio sonoro e artistico dei nostri tempi.

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