Milano 1983. Nello è un ex sindacalista scaricato dal partito a causa delle sue idee eccessivamente progressiste e per questo relegato in una cooperativa nata dalla riforma Basaglia, dal nome dello psichiatra che propose la chiusura dei manicomi. Nello desidera dare ai vari componenti della cooperativa, ex pazienti di un ospedale psichiatrico, la possibilità di apprendere un nuovo mestiere……
Trattando un argomento delicato e difficile, Manfredonia fa un balzo nel tempo indietro di 25 anni e ci riporta, con l’aiuto di un Bisio molto credibile, ma senza troppa fatica per sembrarlo, ai primi anni ’80. Anni figli di un’epoca nella quale i problemi economici erano solo una vaga ombra e la chiusura dei manicomi lo spostare parte di questi problemi altrove, mascherando, sotto le sembianze di cooperative, delle aziende fittizie che altri non erano che dei nuovi luoghi di reclusione per i malati di mente.
Partendo dalla reale esistenza della cooperativa Nocello di Pordenone, nata dall’idea di un gruppo di ex-dipendenti di un ospedale psichiatrico desiderosi di dare una professionalità agli ex pazienti di un manicomio attraverso la creazione di parquet. Manfredonia e il cosceneggiatore Bonifacci narrano una storia fra il serio e il faceto intrisa di buoni sentimenti e supportata da un cast abile ancor di più nei camei dei malati di mente che in quello degli attori normali: Bisio, Battiston Anita Caprioli, Bebo Storti, nel ruolo di un imprenditore del campo della moda molto, anzi troppo antipatico per non sembrare vero, si aggiungono ma forse non aggiungono molto a una pellicola che risulta accattivante per una trama intrisa di risate e di riflessione. Piena dei prevedibili problemi di adattamento alla vita normale da parte dei protagonisti: la creazione dei parquet, l’acquisto di mobili e l’arredare la loro nuova casa, la vita affettiva che rincomincia e la tragedia che si può consumare per colpa di una società non ancora pronta ad accettare il rientro nella società da parte di chi dalla società era rimasto escluso.
Piacerà se volete vedere due ore circa di una storia godibile e tanto assurda da essere assolutamente reale o quasi.
Ciro Andreotti