Dente, il cantautore sulla bocca di tutti, così ama defininirsi.
E già questo la dice lunga, un appellativo che ricorda in modo significativo i suoi testi, ironici e riflessivi allo stesso tempo, senza mai toccare la sfera del demenziale.
Ci ammalia con le sue canzoni nel 2009 con “L’amore non è bello”, dopo essersi distinto nel 2007 con “Non c’è due senza tre” e l’anno successivo con “Le cose che contano”, dove il filo conduttore è sempre una voce fascinosa, una “voce piccolina” come direbbe il cantautore nella quinta traccia, calda, ma allo stesso tempo sottile che ricorda a tratti quella di Battisti miscelata al timbro vocale particolarmente “indie” di Marco Parente, dove sporadicamente fa capolino a sorpresa una “r” moscia, celatamente.
Molto ricercati i testi, senza risultare ampollosi, ogni parola è centellinata come in un puzzle fantasioso, talvolta con il gusto del gioco di parole.
Le melodie, spesso distinte in due voci non all’unisono, eseguite vocalmente dallo stesso Dente, ruotano costantemente su una chitarra acustica suonata ritmicamente, arricchita da raffinati arrangiamenti dove sono presenti suoni elettronici in bassa quantità e il contrappunto ingegnoso di altri strumenti, mantenendo giusto un equilibrio.
Le canzoni oscillano tra la ballata cantautorale e il bossa nova, sempre lontani da ogni forma di “noise”, mantenendo un panorama sonoro piuttosto pulito.
Canzoni da ascoltare con tanta attenzione, quanto godimento.