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Muse – The Resistance

2009 - Warner Bros.
rock/alternative

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Tracklist

1. Uprising
2. Resistance
3. Undisclosed desires
4. United State of Eurasia
5. Guiding light
6. Unnatural selection
7. MK Ultra
8. I belong to you/ Mon Coeur s’ouvre à ta voix
9. Exogenesis Part I (Overture)
10. Exogenesis Part II (Cross-pollination)
11. Exogenesis Part III (Redemption)

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Qui bisogna riuscire a capire cos’è che fa dei Muse un gruppo di talenti naturali. Perché forse poi alla fine basta poco per stupire persone come me che difficilmente digeriscono un certo modo di fare questo tipo di musica.

Volendo fare i pignoli, questo “The resistance”, comincia nel peggior modo possibile, perché Uprising, che è anche il primo singolo estratto dall’album, sembra una mediocre rivisitazione delle sonorità dei Depeche Mode dei primi anni 80. Un uso smodato delle parti elettroniche unite ad un campionamento di batteria da marcetta dance assemblate con la ritmica soffice della chitarra e del basso vagamente distorto. Io li ricordo ben diversi i Muse. Una volta c’era meno “aria” nei loro pezzi, quasi si soffocava. Eppure le variazioni, dalla strada intrapresa in Origin of symmetry, sono sempre presenti anche su quest’ultimo lavoro, le consuete tonalità rock immerse in un background da musica classica. La novità di questo lavoro sta nelle caratteristiche sinfoniche delle composizioni, a sostenere le quali ci ha pensato la Edodea Ensemble, guidata dal primo violino Edoardo De Angelis e diretta da Audrey Riley, il tutto mixato e rielaborato da un certo Mark Stent, noto per le sue acrobazie tecniche nei lavori di Radiohead, Madonna e Depeche Mode su tutti.

La prima cosa che mi viene in mette ascoltando i primi pezzi dell’album è l’incredibile similitudine dei suoni con le marce trionfali dei Queen più classici. Escludendo dal tutto l’apertura affidata a Uprising, che a orecchio rimane la cosa più insignificante dell’intera opera, il resto è quasi un tributo al rock da stadio, forse pensato proprio in quest’ottica, che ci riporta indietro di almeno 20 anni. Vi sorprenderà, all’ascolto del brano United States of Eurasia, l’incredibile scopiazzatura di un qualsiasi stacco di una qualsivoglia canzone dei Queen, il cadenzato e lento procedere delle note del piano soffocato, quasi indisturbato, prima dell’esplosione corale degli strumenti nell’insieme. Forse il tentativo voleva essere quello di ripetere le fortune di Black holes and revelations, soprattutto per quel che riguarda le uscite dal vivo, piene di potenza ed effetti sonori di ogni genere, ed ascoltando la ariosa Guiding light sembra quasi che la missione sia compiuta.
La furbizia…o la grande trovata, sta nel voler puntare, per il futuro, sulle apparizioni on stage, per far si che il carrozzone produca denaro “a nastro”, mettendo in scacco la grande crisi del mercato discografico, che semb ra non conoscere fine. Non si può negare che gran parte del successo dei Muse è figlio di quello che loro riescono ad essere e ad esprimere dal vivo, e sicuramente vederli portare sul palco un pezzo come Unnatural selection, con i suoi orpelli punk sparsi un po’ ovunque, accompagnati dalle ritmiche corali delle voci in background, sarà uno spettacolo trascinante.
Tutto questo porta a comprendere qual è il motivo che ha spinto i Muse a dare maggiore spazio, in questo album, alla chitarra solista, ricacciando indietro quasi del tutto le distorsioni del basso, una volta onnipresenti nelle loro composizioni.
La melodica I belong to you/ Mon coeur s’ouvre à ta voix è una felice festicciola per la voce di Bellamy, così ben contenuta dal lavoro sostenuto dagli archi. La chiusura, come una celebrazione di un fenomeno operistico, è appannaggio delle tre parti di Exogenesis, un lent o incedere di volute armoniche nella prolungata carica vocale che accompagna le sinfonie.

Questo è un compito davvero ben fatto, bisogna tirare giù il cappello di fronte ad opere di questo valore, non per l’originalità, assolutamente utopica al giorno d’oggi, non per la grande tecnica, prima di questo disco ce ne sono almeno altri due che hanno mostrato il valore dei Muse in questo senso…beh…allora per cosa?? Assolutamente per niente! I Muse durante l’ormai famigerata puntata di “Quelli che il calcio…”, si sono scambiati posto ai rispettivi strumenti per un solo motivo. Noia!

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