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A.A. V.V. – Il Paese É Iperreale

2009 - Subterra/RRI
indie

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Tracklist

CD 1
1.Frangar non flectar - Il modo migliore
2.Tedesco punkatore – Non ho niente
3.Confusion is next – Graffiti
4.Dolcevena – My surprise
5.Copenhagen – Brighton calls
6.Six red carpet – Blow a wish
7.Old polaroid – Damn toothache
8.Benzina – Non sei più tu
9.Mauro Mercatanti – Il male minore
10.Suan – Comfort
11.Winter beach disco – Gardenale

CD 2
1.Mary goes to Vietnam – Disco K
2.Forget about Mario – Ullrich
3.Humpty dumpty – Caterina
4.La guerra delle formiche – Il principio del cerchio
5.Crèmisi – Semplice
6.Vestfalia – Me and me
7.Rocky horror fuckin shit – Vuoto morte
8.Rein – Est
9.La pinga – Hickypop
10.Honeybird and the birdies – Dolores inside
11.Zero gravity toilet – Boxing a meteora

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Interpolazione: Alcuni aspetti della nostra vita sfuggono agli occhi di chi con mano tocca le dimensioni immediatamente visibili dell’esistenza quotidiana. Il filosofo-sociologo francese Jean Baudrillard provò a estendere il concetto ad una dimensione sociale della questione, spiegando che è più facile “tastare” il polso della realtà esplorandola in via puramente teorica attraverso l’uso di media e piattaforme comunicative di diverso genere, piuttosto che immergersi in un mondo che emana mille messaggi che non possono raggiungere ogni angolo di esso. Attraverso l’uso e l’abuso di piattaforme mediatiche alla portata di tutti arriviamo al convincimento che quella realtà, quella specifica raccontata dalla TV o da internet, sia la realtà “reale”, quella che si vive tutti i giorni e che ci circonda e ci educa. L’iperrealtà è una parte della questione, un aspetto di due concetti differenti che tuttavia combaciano in un punto chiave, ci sono dimensioni che ignoriamo ma che modificano le nostre vite più di quanto possa fare uno stipendio mensile. Il fantasioso collegamento con questa compilation è difficilmente rintracciabile, ma non si può che concordare con chi sostiene che sotto i nostri vissuti multidimensionali si è sempre mossa una varietà di aspetti della socialità quotidiana che forse hanno più di ogni altro contribuito a creare la dimensione che ci circonda.Fine Interpolazione

Parlare di paese reale” di questi tempi è una bella impresa. Irriconoscibile nei suoi tratti fondamentali e macinato dalle continue catarsi emotive suggerite dai media, più che realtà si vuole fare cenno alla iperrealtà. Ad una verità che è come uno schiaffo e che dimostra di essere dentro le nostre case, o appena fuori dalle nostre porte, vivida visione di un luogo che non sta nè in cielo nè in terra.

Una volta era proprio la musica, insieme alla appena nata televisione, a suggerirci cosa poteva funzionare e cosa no in una nazione allo stato brado dal punto di vista dialettico. Mentre altri paesi si guardavano avanti e pensavano a cosa poteva trovarsi ancora oltre il proprio sguardo, la nostra nazione girava il collo indietro fino quasi a spezzarselo. È ovvio che molti di noi, i più lungimiranti e obiettivi, non hanno molto di cui preoccuparsi, se c’è una cosa che abbiamo imparato a fare, nel nostro paese, è che quando le sabbie diventano mobili, o hai una corda in tasca o non troverai un cristo a lanciartene una! Qui non si tratta di politica, come qualche sempliciotto sarebbe indotto a pensare leggendo queste parole, qui c’è l’iniziativa di un intero paese che vuole dimostrare come certe distanze sociali da altre nazioni siano più da attribuire all’incosciente uso dei mezzi di comunicazione da parte di 4 scellerati imprenditori del suono, che pensano che sia meglio avere un qualunque stronzo capace di riempire uno stadio con 80.000 persone anziché un manipolo di ottimi talenti capaci di riempire una decina di piazze e palazzetti dello sport con 20.000 persone, piuttosto che alla reale capacità del nostro territorio di produrre talenti.

Mentre mi perdo nel bellissimo arpeggio della cantilenante Brighton calls dei Copenhagen mi viene da pensare quanto sia difficile riuscire a selezionare ventidue canzoni che possano finire su una compilation e risultare assolutamente interessanti per un pubblico abbastanza vasto da poter sdoganare il lavoro dei musicisti, è una questione di meriti, credo, se sei bravo meriti di arrivare a più persone possibili. Questo è il succo del discorso. C’è da ammettere che la Subterra e la RRI hanno fatto davvero un ottimo lavoro e il livello del doppio album è qui a dimostrarlo nella quasi totalità delle sue tracce. Segnalare qualcuno a discapito di altri è un po’ fuoriluogo, ma si può tranquillamente dare un’aura d’eccellenza al lavoro di gruppi come i Six Red Carpet, con la loro Blow a wish, alla leggerezza musicale delle parole di Mauro Mercatanti in Il male minore. La carta vincente dell’album sta nelle differenze tematiche e stilistiche scelte, non c’è un tema portante, dalla belliss ima, strumentale Comfort, uno “scazzo mentale” di Suan, alias Faust, si può passare alle arie elettroniche dei Vestfalia e della loro Me and me.

Nel giudizio finale incide parecchio la grande saturazione di sonorità presenti nel lavoro, il tutto a rendere prezioso il risultato finale. Il paese è così iperreale che è quasi un immenso piacere viverci dentro, a condizione di avere il sottofondo musicale appropriato.

Taste: CopenhagenBrighton calls, six red carpetBlow a wish, SuanComfort, Vestfalia Me and me

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