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Melophobia

Melophobia #3: Provinciali Scontenti – ETB

“Desiderava al contempo morire e andare ad abitare a Parigi”.
(Gustave Flaubert, Madame Bovary)

La provincia del nord Italia soffoca e ti soffoca.
Enormi distese di indifferenti e indifferenziate periferie, campagne vestite a surrogati di città, giusto in tempo per dimenticarsi del passato e per uscire indenni dallo stereotipo rurale che non è più tanto di moda.
Imprenditori geniali lavorano 18 ore al giorno, esportano tutto in Canada e in Giappone, fanno su e giù dalla Romania, ma non pronunciano parola che non sia nel loro bizzarro dialetto.
Riempiono e si riempiono di abitazioni che più che rispondere a precise e rispettabili strategie architettoniche, sembrano essere degli stupri ambientali mal riusciti.
Villini bifamiliari, con la nonna e vecchie scatole in soffitta, giardinetti da curare con passione maniacale nonostante una poco rassicurante vista sul mix di statali ipertrafficate, campi di mais semi transgenici, fabbricone e fabbrichette da ammirare con orgoglio.
I meno fortunati si accontentano dei canonici 80 metri quadri di appartamento arredato alla svedese in un tranquillo condominio, riproduzione in scala 1:1 della più classica abitazione da periferia urbanizzata troppo in fretta.
Vicini di casa extracomunitari da scacciare, vicini di casa comunitari freddi come ghiaccioli, tasse e assemblee comunali da dimenticare la domenica mattina con rumorosi e quasi inutili lavoretti di bricolage domestico.
Cubi di cemento armato grigio come la vita.
Non c’è nulla da ricordare, nulla da sfoggiare, se non la macchina in leasing e il vestito buono per sentirsi vivi e giovani nel weekend. Per tutti c’è solo l’inquietante e silenziosa voglia di amalgamarsi, di mimetizzarsi, di uscire sani e salvi da giornate tutte uguali che sembrano ingoiare i colori e vomitare colate di grigio asfissiante.
Capannoni ingombranti, cartelloni ammiccanti, megastore febbricitanti, pizzerie urlanti, showroom di mobili grandi come aeroporti, treni in ritardo e aerei low-cost con cui tanto non si scappa mai, ma che ci fanno sentire liberi, emancipati, tristemente felici.
La provincia del nord Italia soffoca e ti soffoca.

Gli Etb vengono da Vercelli.
Se vogliamo, Vercelli può essere considerata una sorta di terrificante ideal-tipo della grigia provincia settentrionale.
La musica è solo un hobby come un altro, come il calcetto al giovedì sera per smaltire le tossine di una settimana di lavoro che ancora deve concludersi, come il bricolage la domenica mattina giusto per non pensare al lunedì che bussa terribilmente alle meningi.
Chi prova a far qualcosa di più, a voler qualcosa di più, trova chiusure mentali e ostacoli grandi come l’intero territorio provinciale.
Forse è per questo che gli Etb vedono la loro musica come una sorta di ideale calderone, come un mondo nuovo e diverso da esplorare senza paura e con la maniacale follia di chi è vissuto vent’anni immerso tra stereotipi e insuperabili barriere stilistiche.
Imprevedibile e articolatissimo, il loro riuscito miscuglio di hardcore, jazz, funky, screamo, metal, pop sembra essere davvero il modo migliore per riempire di colore una realtà immancabilmente grigia.

Intervista a cura di Nicolas J. Roncea

Chi sono gli Etb ? Da quanto tempo esistono?
Gli Etb sono 3 ragazzacci e se vogliamo identificarli con nomi e attributi sono : Faz (Fabio-Marco Ferragatta) che si occupa della voce e del basso, Jeff(Eugenio Nicolella) che si occupa delle chitarre, del guitar synth e dell’artwork e Mac’s (Marco Massa) che si occupa delle batterie e anch’egli dell’artwork. Esistiamo ormai da 5 anni anche se per tutto il 2005 abbiamo adottato uno stile musicale differente, una line up differente(abbiamo perso per strada due elementi)ed anche un nome differente.

Parlatemi della vostra zona: il vercellese. Dal punto di vista artistico e musicale può dirsi attiva oppure no?
Se devo essere pienamente sincero penso ci sia stato un forte declino artistico negli ultimi anni nella città di Vercelli. I posti in cui suonare ormai sono diventati estremamente pochi, possiamo dire che ce ne siano addirittura soltanto due, e che non tutti propongano qualcosa di stimolante,possiamo dire che di questi due locali solo uno ha in “testa” qualcosa di artistico. In più sempre meno band si “lanciano” nel produrre qualcosa di una certa qualità, o anche solo qualcosa di proprio, sembra che la musica in questa zona sia diventata solo un mero hobby. Ci sono ovviamente delle eccezioni, e anche molto interessanti, come Carlot-ta, una ragazza che da sola può soppiantare un’intera band, oppure band come gli Psychofagist e gli Infection Code, che pur non essendo di Vercelli, sono comunque della zona, e cui ci siamo molto ispirati per la nostra crescita artistica e musicale. Se parliamo dal punto di vista dei numeri ci sono molte band. Ma è solo una questione numerica. Infatti abbiamo fatto molta fatica ad uscire dal “circuito” vercellese poiché non siamo stati mai classificati e quindi mai compresi. Qui a Vercelli se non sei etichettabile, è difficile che gli altri musicisti tendano l’orecchio per ascoltare bene. Ma penso sia un problema comune in tutta Italia.

Com’è avvenuto l’incontro con canalese noise rec?
Qui dobbiamo proprio ringraziare i nuovi media, infatti l’ incontro è avvenuto tramite Myspace con gli Io Monade Stanca,inizialmente, e pian piano con tutte le band a loro vicine,vedendo che eravamo di comuni intenti artistici ci siamo piaciuti e conosciuti e così ci hanno proposto di far parte della loro famiglia, e noi abbiamo accettato al volo! Ci hanno teso una mano quando eravamo nel fango artistico di questa città.

Come presentereste il vostro disco ad un ascoltatore che non conosce minimamente la vostra musica?
Come un vetro multicolore che va in frantumi e finisce per intero sul viso di chi ascolta. È una commistione di generi ed intenti multiforme, come un viaggio che inizia in un paese che va in mille pezzi, che arrugginisce e si distrugge, per poi riformarsi nel deserto di una cittadina di un film di Sergio Leone fino a prendere un treno per una Transilvania posticcia e ridicola. È un percorso tortuoso, non c’è un attimo di pausa se non in qualche attimo illusorio.

Di che cosa parlano i testi?
Parlano di cosa vediamo attorno a noi, e in questo disco possiamo dire d’aver detto che ciò che vediamo non ci piace, di persone che conosciamo, delle loro abitudini non troppo sane. Ma in alcuni casi non parlano di niente, o di personaggi immaginari che vivono storie strampalate in un mondo a loro avulso. O,ancora, parlano di come la società di oggi ci porti verso un voyeurismo tecnologico troppo sporco per poterlo amare, troppo forte per poterlo cacciare da dov’è venuto. Alcuni titoli e testi sono venuti fuori in situazioni divertenti,altri un po’ meno, insomma anche qui un bel miscuglio d’emozioni.

A quali band vi ispirate o vi sentite particolarmente vicini?
Come ispiratori possiamo citare, oltre ai già menzionati Psychofagist, i Fantomas, i Dillinger Escape Plan, gli Zu, per la tenacia nel risalire le tortuose membra della discografia italiana e farle a pezzi con un sound pazzesco ed innovativo, i Mastodon, i Mr.Bungle, i Converge, ma anche artisti proveniente dal versante elettronico come Aphex Twin,e inoltre ci sentiamo molto vicini, come ho detto prima, alle band di Canalese Noise Rec sia come intenti che come sonorità.

Che cosa avete in mente di fare prossimamente?
Abbiamo da poco musicato il film muto “Il Gabinetto Del Dottor Caligari” e lo abbiamo portato dal vivo a febbraio alle Officine Sonore di Vercelli. Appena finita questa esperienza ci rimetteremo a lavorare sulla registrazione del nuovo Ep che conterrà 5 nuovi pezzi. E continueremo a scrivere altri pezzi sperando di riuscire a realizzare un nuovo album quest’anno.

Intervista a cura di Nicolas J. Roncea

www.myspace.com/etblovesshit



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