Si intitola “A Song To The City” il primo EP di Nadine Khouri.
La cantautrice britannico-libanese ha trascorso gli ultimi due anni ad East London, facendo incetta di strumenti musicali ed effetti di chitarra, godendosi le suggestioni in chiaro-scuro della città e soprattutto scrivendo bellissime canzoni.
Il risultato è un album intenso ed ispirato, un suggestivo impasto di sonorità eteree, velatamente malinconiche, imbevute in un tampone grondante spiritualità, dettata molto probabilmente dalla forte nostalgia verso la casa natale di Beirut e da un immenso amore, inteso in tutte le sue forme.
Canzoni vellutate, su cui scorre placida la voce di Nadine, singolare ed ammaliante, capace di evocare suggestioni orientaleggianti e di graffiare all’improvviso, senza alcun preavviso.
Il tutto sorretto da una struttura country-rock scarna ma evocativa, che si dipana tra intuizioni chitarristiche, fingerpicking serrato e lievi sperimentazioni acustiche.
“Non mi interessa essere catalogata in una precisa scena o genere musicale. Ho sempre amato Tom Waits, Stina Nordenstam, Lhasa, Jeff Buckley”, tiene a precisare Nadine a chi gli domanda da quale cantautore si senta maggiormente influenzata.
L’impressione è quella di trovarsi di fronte ad una cantautrice di indubbio spessore, che in breve tempo potrebbe spiccare meritatamente il volo: per ora accontentiamoci di queste cinque eterne canzoni.