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The Divine Comedy – Bang Goes The Knighthood

2010 - Parlophone
indie/pop/rock

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Tracklist

1. Down In The Street Below
2. The Complete Banker
3. Neapolitan Girl
4. Bang Goes The Knighthood
5. At The Indie Disco
6. Have You Ever Been In Love
7. Assume the Perpendicular
8. The Lost Art of Conversation
9. Island Life
10. When A Man Cries
11. Can You Stand Upon One Leg
12. I Like

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Effettivamente i Divine Comedy sono la pensata di uno solo. Un capoccione che ogni volta che si fa crescere un’idea in testa chiede l’aiuto qua e là a capaci session-men e mette in piedi un disco. Neil Hannon, abbruttito dai suoi stessi caratteri dandy e incapace di privarsi del suo aspetto vivo, o non ancora trapassato a miglior vita, di secondino di una musicalità da galera.

Ha preteso e diffuso il valore di un messaggio che, se tutto va bene, raggiungerà la massa inferma e ferita, nei sentimenti, dai disastrosi latrati musicali dei giorni nostri. Lui non è alla moda, la sua musica non lo è, e chiunque sostenga il fatto è chiaramente vittima del sortilegio della nostalgia di qualcosa che il tempo e la noia si sono irrimediabilmente portato via. La critica, che da sempre è attenta a caratteristiche quali, l’originalità e la propension e alla sperimentazione sonora, gli sbatte addosso come si fa con una campana in un giorno di festa e lo percuote con spasmi di sentimentalismo e adorazione catatonica. Non può avere senso! Non per un artista che porta avanti un certo tipo di discorso sin dai primi anni novanta e che ha vissuto il suo climax più di una decina di anni fa. Bang goes the knighthood non è il canto del cigno di Mr. Hannon e non merita, tuttavia, alcuna stroncatura irreversibile da parte del sottoscritto. La qualità dei brani è piuttosto buona, con punte di intensità come Assume the perpendicular o, ancora di più, la “rivoluzionaria” At the indie disco, quasi una contemporanea suite pop-rock messa a confronto con i ritmi del resto dell’album. La produzione è ovviamente eccezionale e mette in risalto l’accattivante e quasi fenomenale capacità di questo one man show di costruire brani melodicamente scomposti, a partire dalla combinazione pianoforte-voce, nei quali il fattore di equilibrio è proprio la voce che non eccede mai nelle tonalità e che vira su acuti moderati quasi in falsetto come nella chiusura di I like. Una volta essere un dandy portava solo guai, il pregiudizio e la compulsiva necessità dell’individuo medio di non comprendere alcune “devianze” della nostra società hanno relegato per decenni questa categoria nel limbo degli inaccettabili.

Oggi essere dandy è una botta di culo clamorosa ed un passo fondamentale verso la costruzione di una dignità quasi intoccabile che fa si che un prodotto, di qualsiasi tipo, nato sotto questa stella, diventi una ricercatissima chicca e un “must” al fine di poter essere considerati “in”. I Divine comedy, che vagano su un territorio pressoché abbandonato, sono la lode per la musica di spessore e la dimostrazione pratica dell’ingegno umano nel riproporre cose prive di attualità con una grande versatilità e senza annoiare troppo chi ascolta. Fare di Bang goes the knighthood un capolavoro non sarà poi così difficile.

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