Tricky – Mixed Race

Tricky da sempre è sinonimo di qualità, e anche in questo Mixed Race, suo nono album sulla lunga distanza non si smentisce. Certo, i tempi di Maxinquaye (1995) sono ormai passati, e l’hype per la scena trip-hop di Bristol, capitanata dalla sacra trimurti Massive attack, Portishead, Tricky, è svanito da tempo.

Ma questo potenzialmente è un fattore positivo, perché permette, ad autori e audience, di concentrarsi esclusivamente sulla musica, lasciando giustamente da parte inutili orpelli, quali classifiche, marketing, business. E infatti non è un caso che questo Mixed Race, come anche Heligoland dei Massive attack,  sia un album molto concreto, con tanta sostanza, molto diretto, forse anche a causa della breve durata totale.
Un lavoro in cui Tricky, memore del proprio passato, si presenta come un autore consapevole dei propri mezzi, ma ancora fresco e in evoluzione, molto interessato all’esplorazione di nuovi orizzonti musicali. Molte le collaborazioni (Hakim Hamadouche, Terry Lynn, Franky Riley, Bobby Gillespie, Blackman e Marlon Thaws, suo fratello), che palesano il forte influsso di certa world music, e di derive etniche. Il titolo dell’album è peraltro molto chiaro, in materia, proponendosi appunto come un esemplare di razza mista, un meticcio musicale dai molti padri, che va scoprendo le sue radici, attraverso viaggi sonori che, partendo da Bristol, e quindi dal tradizionale trip-hop, arrivano anche a sfiorare il blues (in “Come to me”, ad esempio) e il soul.

Spunti interessanti ce ne sono molti, ma anche tanta convenzionalità. Non siamo di certo di fronte a un nuovo capolavoro, quanto piuttosto a un lavoro che saprà farsi apprezzare per le sue qualità  e per la sua varietà.