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Ministri – Fuori

2010 - Universal
rock/alternative

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Tracklist

1. Il Sole (E' Importante Che Non Ci Sia)
2. Gli Alberi
3. Vestirsi Male
4. Noi Fuori
5. Tutta Roba Nostra
6. Le Città Senza Fiumi
7. Una Questione Politica
8. Due Dita Nel Cuore
9. La Petroliera
10. Io Mangio La Terra
11. Che Cosa Ti Manca
12. Vorrei Vederti Soffrire

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Il terzo full-length dei Ministri arriva come una sassata sulla testa di chi si aspettava l’album carico che le anteprime ai loro concerti primaverili ed estivi avevano lasciato prospettare.

In questo “Fuori” ci sono elementi di continuità con la vecchia produzione dei Ministri (il primo disco e l’EP “La Piazza”), infettata di immediatezza punk rock e testi politicizzati e diretti. Nel secondo disco, come tutti ricorderanno, il mostro Universal aveva già iniziato a mietere le prime vittime, cogliendo i tre sul fatto nel tentativo di “commercializzarsi”, con alcuni brani carini ma molto più banali come “Tempi Bui” e “E Se Poi Si Spegne Tutto”. L’anima di questa nuova uscita è quella più smaccatamente pop, libera da quelle finzioni che prima il trio metteva in atto per nascondere questa loro già presente attitudine, e lo dichiarano in “Una Questione Politica”, il manifesto del loro cambiamento e servilismo alle logiche major che viene attestato con la frase “Si, siamo cambiati è vero”. L’importante è ammetterlo, in faccia ai fans che tanto ci avevano creduto, ma che sono disposti sempre a credere a tutto quando ci sono davanti le tre giacche più famose d’Italia. Ma, piano, non stizzitevi, piacciono molto anche a me, c’è solo da ammettere in cosa pecca questo nuovo loro lavoro.
I contenuti del disco non meritano una gran discussione. I pezzi si dividono in quelli punk-rock alternativo di “Il Sole”, “Noi Fuori”, “Io Mangio La Terra” e “Che Cosa Ti Manca”, e in quelli pop-tastieristico degli altri brani. L’impressione è che, nei brani lenti come “Vestirsi Male” e “Tutta Roba Nostra”, i Ministri abbiano preteso troppo da loro stessi. E’ evidente che comporre brani calmi non è il loro forte, anche se “La Petroliera” è una perla da non sottovalutare, forse tra le migliori degli ultimi due album. I testi forniscono la solita dose di qualunquismo demagogico, con la classica serie di frasi “proverbiali” indimenticabili destinate a finire su bacheche di Facebook e commenti di YouTube, pur senza capirne il significato, che non sempre hanno. E lo si vede lontano un miglio. I ritornelli sono tutti molto radiofonici: quello de “Gli Alberi” è il migliore, così come la canzone, la migliore del disco e azzeccatissima come primo singolo, il peggiore è invece quello di “Due Dita Nel Cuore”, che non funziona assolutamente, condannato anche dalla parola “cacciati” che più cacofonica di così non poteva essere.

L’altra faccia della medaglia è però quella di una grande interpretazione alla voce di Divi (molto più di quella mediocre al basso ovviamente), protagonista di una performance che sottolinea e valorizza pienamente il suo timbro particolarissimo immediatamente riconoscibile a chiunque ascolti il genere in Italia negli ultimi cinque anni. Pollice verso invece per alcune scelte nel sound, in primis l’eccesso di tastiere “senza saperle suonare”, il tentativo di utilizzare pattern elettronici di batteria che rovinano qualsiasi canzone dove siano inseriti e un’accozzaglia veramente fanfarona di chitarre e sintetizzatori in alcune sezioni particolarmente cariche, con l’unico risultato di rendere meno potente e comprensibile la parte di canzone in questione.

Il disco funziona ma è assolutamente inevitabile notare la flessione e la diminuzione di qualità rispetto alle prime uscite discografiche. Attenzione per il futuro.

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