Se ormai il mercato discografico è inflazionato di band che si rifanno all’hard rock settantiano, bisogna riconoscere e dare atto che gli Spiritual Beggars di Mike Amott (ex Carcass e a tempo pieno negli Arch Enemy) negli anni novanta fecero uscire i loro tre migliori lavori.
Sempre in bilico tra doom sabbathiano, stoner e psichedelia, i primi tre album con Spice alla voce sono sicuramente dischi da ascoltare. Ora gli svedesi, perso per strada il loro primo frontman e anche il secondo, si presentano dopo cinque anni di silenzio con il greco Apollo Papathanasio, cantante dei Firewind ( gruppo greco che ha fornito anche il nuovo chitarrista a mr. Osbourne).
Gli Spiritual Beggars targati 2010 sono un gruppo meno “malato” nei suoni, che va a ripescare nell’hard rock melodico di gruppi come Huriah Heep (da cui coverizzano Time to live), Ufo, Thin Lizzy e primi Scorpios. La bella voce del nuovo cantante si adatta bene a pezzi come Coming Home, Concrete Horizon, mid-tempo melodici e sostenuti dalle tastiere dell’ex Opeth, Per Wiberg o nella ballata pianistica The Road less Travelled. Rimangono, tuttavia delle tracce del loro passato nelle più oscure e pesanti Dead Weight , l’iniziale Lost in Yesterday o la psichedelica ed avvolgente Spirit of the wind.
Un disco ben confezionato e senza pecche, che si lascia ben ascoltare ma che, se paragonato ai dischi degli anni novanta, lascia un pò di amaro in bocca per la poca originalità e coraggio nell’inventare qualcosa di non ancora sentito.