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Giubbonsky – Storie Di Non Lavoro

2011 - Autoproduzione/(R)esisto
songwriter/folk

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Tracklist

1. Terra Perduta
2. Non Lavoro
3. Città Blindata
4. Rio Preca
5. Forza Mafia
6. Flatulente
7. Gelato in Febbraio
8. Carpe Diem
9. Senzacqua

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Stupisce il nome, stupiscono i titoli, stupisce il fatto che queste dovrebbero essere “storie di non lavoro”. Giubbonsky, in verità progetto pensato e realizzato da Guido Rolando, è una realtà valida. Valida dal punto di vista letterario perché racconta con disillusione una serie di storie che possono riguardare tutti noi, con tematiche che toccano argomenti diversissimi, dalla libertà di sognare a quella di avere uno spazio (c’è una dedica al centro sociale Cascina Torchiera Senzacqua di Milano dentro “Senzacqua”, ultima traccia) ad argomenti più terra terra come la vita dei ROM e le collusioni tra stato e mafia. Il clima è da sessantotto trasportato quarant’anni avanti.

Si tenta di protestare contro qualcosa che sta mangiando tutti, con la filosofia che è quella tipica dei ragazzi degli anni zero (però con la mentalità aperta di chi conosce anche il passato politico della nazione) e la testa concentrata sull’imbarazzo che comunicare, di nuovo, certi concetti può provocare. Perché comunque sono cose già sentite, ma ha senso ripeterle quando sono messaggi che l’autore avverte veramente come propri. E si sente che Giubbonsky con le sue “canzonette” si diverte nel raccontarci qualcosa, con uno sguardo neanche troppo distaccato ma che ha il pregio di essere individuale e personale, niente di qualunquista o di troppo (mal)politicizzato. E neppure quando si ringrazia, nel booklet, il gruppo di ragazzi picchiati del G8 di Genova (e Carlo Giuliani, ovviamente), oppure Aldrovandi e Cucchi, non traspare populismo, ma una volta digerito il disco tutto risulterà di una naturalezza tale che non potrete dubitare dell’animo buono di Rolando.
Forse il termine migliore per definire il suo modo di scrivere è “leggerezza”, una leggerezza che è difficile recuperare quando ormai vanno di moda violenza verbale, turpiloquio (e dissing), quando è difficile anche esprimere un concetto senza risultare censurabili, quindi pericolosi, quindi comunisti (secondo le mode attuali).
In maniera del tutto convinta e coerente si può stimare ed apprezzare il suo lavoro sui testi, poi sulla musica, con i limiti e il beneficio del dubbio su qualche ritornello volutamente “già sentito”, senza mai comunque cadere nella tentazione del plagio perché qui si parla di un disco che vuole comunicare delle idee, non di menate prog o jazz ipertecniche. La pesantezza di alcuni arrangiamenti, effettivamente, penalizza il disco ma sembra fin troppo chiaro (con tutte le volte che l’abbiamo ripetuto, ndr) che Storie di Non Lavoro non va ascoltato per la musica.Nell’album c’è soprattutto chiarezza espositiva, chiarezza, quindi, a tutti i livelli. Però sembra mancare, a volte, il nesso tra la musica e le parole. Immaginiamoci che non ce ne fosse mai stato il bisogno e avremo un disco perfetto. La sua imperfezione è in realtà un ulteriore motivo per apprezzare (oltremodo) la carica emotiva della delusione e della rabbia con cui si grida contro uno Stato che sta tradendo tutti quanti (in “Forza mafia” e “Città blindata”), come se ce ne fosse ancora bisogno. Perché il bisogno c’è davvero. E se non lo facciamo anche con la musica, abbiamo perso.

Un ottimo disco, con ottimi contenuti e testi, direi, eccellenti. Eccellenti anche nell’ironia di celiare (e ridere sopra) tematiche serie come la decadenza politica di una città come Milano, che dovrebbe rappresentare l’avantreno del nostro paese e che invece è guidata da gente “Flatulente”.
Consigliato, davvero.

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