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Il Venerdì

Il Venerdì di ImpattoSonoro #23: Requiem per Kurt, requiem per noi

Piange, e continuerà a piangere, questa disperata rubrica dedicata fondamentalmente al nulla. Perchè dopo una settimana e più di fatica, abbiamo bisogno di oziare, parlare di cose di cui parleremmo in un qualsiasi bar sport globale, o seduti su una panchina tra una trentina d’anni, ma più probabilmente anche prima. Oggi si parla di noi e Kurt Cobain. 

Ho trovato un sito web, ci sono un sacco di foto di alcuni personaggi famosi ritratti quando ancora erano ragazzini. C’è Madonna, c’è Iggy Pop con il cravattino. C’è anche Kurt Cobain, con una maglia a righe, con un caschetto di capelli biondi e un sorriso pieno zeppo di fiducia. A voler scommettere sull’elemento che accomuna queste facce, quelle espressioni, punterei senza dubbio su quello che manca: la dolorosa, inquietante, vera e vuota consapevolezza dell’essere adolescenti.
Quando, qualche anno dopo, arrivò “Smell Like Teen Spirit”, fu qualcosa di sconvolgente. Era una generazione che emergeva di colpo, senza limiti, senza speranza, ma con il desiderio, forte e tagliente, di abitare una realtà diversa, senza abitudini scontate e oppressive routine.
Era un mezzo di comunicazione nuovo, lontano anni luce da quello che c’era prima, dal rock paludoso degli U2, dall’heavy metal degli Iron Maiden o dei Metallica, dal pop senza pena dei Duran Duran. Le chitarre pesanti erano relegate in un ghetto fantasmagorico di saghe nordiche e mostri suburbani, le voci parlavano di rabbia, seduzione, sesso, droghe, alcool, divertimento, ragazze. Ma non gridavano mai di disperazione, la disperazione, dolorosa, inquietante, vera e vuota dell’essere adolescente.
Kurt Cobain sembrava suonare senza aver mai ascoltato nient’altro che la sua adolescenza, sembrava cantare con la voce afflitta da un malessere strisciante e letale, divoratore di speranze e ideali. A Kurt Cobain era scomparso quel sorriso pieno zeppo di fiducia.
Si è sparato un colpo di fucile in faccia, all’età di ventisette anni. Devastato dalle droghe, da un’esperienza amorosa fallimentare, da un sucesso planetario che non aveva voluto, almeno non in quelle proporzioni.
La propria natura dello show business, o l’innata macchina-crea-miti che si annida in ogni homo sapiens l’ha trasformato in una divinità adorata con distrazione da ogni generazione di adolescenti a venire, ma ne ha trafugato lo spirito disperato, l’anima inquieta e la rabbia irrisolta, ha sacrificato la sua devastante e ruvidissima sensualità per privilegiare una vuota e falsa immagine pubblica, per non dire promozionale.
17 anni fa se ne andava l’unico portavoce della nostra generazione. Oggi non ci facciamo più caso.

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=_fdYjlAviT8&feature=fvwrel[/youtube]

Kurt Cobain (Aberdeen, 20 febbraio 1967 – Seattle, 5 aprile 1994)

 

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