Dargen D’Amico, per la mamma Jacopo D’Amico è un rapper trentunenne, barbuto e, probabilmente, maleodorante, che io segnalerei, se su facebook avessi degli amici alieni, come il miglior scrittore di testi che abbia ascoltato in vita mia. JD, come si rivolge a se stesso nei suoi brani, si concede, dopo due album da solista, un album in doppia uscita diviso in parte prima e seconda: D’.
L’album parla d’amore, parla d’ fegato, parla d’petto, parla d’cuore e parla D’Amico, col suo stile inconfondibile, che sa emozionare e far affezionare.
D’ è qualcosa di incredibile. Incredibile perchè ci sono dei testi di una bellezza quasi commovente miscelati ad alcuni ritornelli che fanno obbiettivamente cagare. Perchè? Boh.. ma dopo un po’ ti ci affezioni e non ci fai manco caso.
Forse questo è il vero limite di Dargen, essere troppo hip hop per un pubblico a cui piacciono i bei testi, ed essere troppo concentrato sui testi per un pubblico hip hop. Probabilmente è destinato ad essere un eterno incompreso, anche per le sue attitudini musicalmente un po’ tamarre, non facilmente digeribili per un ascoltatore prevenuto nei confronti del rap.
Insomma un genio, si, non ho alcun timore a definirlo tale: “Se mi ostino a scrivere, il mio destino sarà di eccetera e di lettere, ma nessuna è quella giusta se non mi permetterà di mettere le labbra, la faccia, il mio francobollo sulla tua busta.”
Ormai la musica italiana si divide in quelli che sono Dargen D’Amico, e quelli che non sono Dargen D’Amico. Da conoscere assolutamente.
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