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Cold Cave – Cherish The Light Years

2011 - Matador
synth/pop

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Tracklist

1. The Great Pan Is Dead
2. Pacing Around The Church
3. Confetti
4. Catabombs
5. Underworld USA
6. Icons Of Summer
7. Alchemy Around You
8. Burning Sage
9. Villains Of The Moon

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Dopo il folgorante debut “Love Comes Close” (2009) i newyorkesi Cold Cave erano chiamati alla conferma di un sound convincente, nel suo minimalismo vintage, devoto alla migliore tradizione synth pop, new-wave e post-punk. La riposta del gruppo capitanato dal poliedrico Wesley Eisold si chiama “Cherish The Light Years”, e si impone dalle prime, imperiose note, gonfie di synth, feedback e ritmiche squadrate, della potente “The Great Pan Is Dead”.

Un disco che, lasciatosi alle spalle l’effetto sorpresa, doveva per forza di cose puntar tutto sulla sostanza, aumentando dunque il peso specifico di una proposta di certo meno algida e sottile, rispetto al recente passato. Rimane intatta l’estetica decadente e bohemienne del gruppo, così come permangono gli ovvi riferimenti ai The Cure, New Order, e certi primitivi Depeche Mode. Synth pop dal sapore vintage, come esemplificano “Pacing Around The Church” e “Confetti”, ammiccanti quanto romantiche.
L’approccio in un certo senso naif e lo-fi dell’esordio è stato vitaminizzato a dovere, con iniezioni di strutture punk-rock, e i suoni degli archi, dei synth e delle percussioni sono qui molto più presenti, diretti e rotondi. Wesley Eisold, dal canto suo, offre una performance tesa e convincente, un po’ Robert Smith, un po’ Phil Oakey.
L’album contiene un buon equilibrio fra brani più tesi e anthemici e altri più languidi e romantici, risultando in entrambi i casi come un prodotto maggiormente maturo, consapevole e tridimensionale, anche se la prima metà della track-list pare quella più convincente e originale negli esiti.
I Cold Cave, abbandonati in parte i panni revivalistici, stimolanti, ma forse un poco claustrofobici vestiti in occasione dell’esordio, si scoprono più godibili e comunicativi, sebbene sempre immersi nei sintetici anni ’80.

Un secondo album che sa di conferma ma anche di fisiologico cambiamento, ed entrambe le accezioni sono da intendersi positivamente.

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