Ci sanno fare questi Hal Flavin: con i loro laptop, i sintetizzatori e le languide chitarre riescono a costruire gustose melodie electropop dal sapore fresco, dolciastro e pure trascinante.
Il sound di “The Talk” è un sapiente distillato di ritmi electropop in salsa synth-rock, che unito alla bella voce filtrata del singer riesce a coinvolgere ed appassionare fin dal primo ascolto.
Le due tracce finali valgono il cosiddetto “prezzo del biglietto”: “Curare” è una travolgente song elettro-pop che con quell’effetto wha wha potrebbe far scuotere anche un morto sulla sedia (la mia personale canzone dell’anno) e “7th Year” abbassa i toni con inaspettata classe, portando una folata calda di malinconia ai nostri lobi affaticati.
Sentiremo parlare ancora di questi tre ragazzi lussemburghesi: qualcuno in patria già li paragona agli Hurts, altri ancora ai Talking Heads ed ai Röyksopp ma non urlatelo a giro. Gli Hal Flavin hanno già nelle loro corde un sound personale, una sorta di ambiguità ibrida che riesce a far presa rapida sugli ascoltatori: questo è semplicemente talento.
C’è del fottuto marcio in Lussembugo: chi l’avrebbe mai detto?