Joe Lally è uno di quei musicisti che hanno stile e grinta da vendere. Giunto al suo terzo disco solista, il bassista dei Fugazi ci conduce in nuove sperimentazioni sonore e in atmosfere ben più intime rispetto ai precedenti lavori.
Quella di Lally è un’evoluzione artistica rapida e continua, alimentata dalle numerose collaborazioni di cui si avvale per i suoi lavori e da un genio creativo che della semplicità sembra servirsi e prendersi gioco al contempo. “Why Should I Get Used To It” è il titolo della sua terza fatica. Undici canzoni registrate a Roma e composte con l’aiuto di Elisa Abela alla sei corde e di Emanuele Tomasi alle pelli, suoi compagni di viaggio nell’ultimo tour. Il basso minimal e la voce soffusa di Lally sono il perno centrale attorno al quale ruotano suggestioni, melodie ed arrangiamenti. E’ un disco connotato da un’apparente semplicità dietro la quale si nascondono tecnica, emotività e raffinato gusto musicale. L’iniziale “What makes you” è solo un primo esempio del versatile estro di Lally, ispirato come sempre e consapevole del proprio flusso creativo. Indie rock, lo-fi noise, blues e post-rock convivono in un album sorprendente e per nulla scontato, incentrato su musiche ora dilatate e narcolettiche ora sobrie e contenute, coinvolgenti e attraversate da momenti elettrici a dir poco vibranti. Basterebbe ascoltare “Nothing to lose”, la stessa title-track o “Coral and starfish” per averne prova.
Joe Lally è un musicista dall’energia inesauribile e al suo terzo disco cambia faccia ancora una volta, sperimentando qua e là con una voglia di osare sempre maggiore, tipica di chi sa come stupire. Una piccola leggenda del rock.
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