É successo che “Ormai”, il nuovo disco dei Fine Before You Came è arrivato una domenica sera di gennaio, alla zitta più totale, confondendosi dapprima nella marea dei soliti post insignifanti della media bacheca Facebook, tra chi decanta i morti del Giglio e chi piange il fuorigioco di Pazzini, e poi se l’è presa tutta con la prepotenza dilagante di una sorta di catena di Sant’Antonio 2.0 o come diavolo volete chiamare l’incredibile passaparola che ha svelato il segreto, tenuto incredibilmente saldo e al sicuro, circa l’uscita del successore di “Sfortuna”, piccolo grande capolavoro uscito quasi 3 anni fa.
3 anni in cui solo il ri-fiorire della scena, finalmente tornata ad antichi fasti, può giustificare un tale hype, inteso nel senso buono del termine, semmai ce ne fosse uno e semmai ce ne fosse davvero bisogno.
I Fine Before You Came, da grandi portabandiera, si confermano sugli standard comunque inarrivabili di “Sfortuna”, con 7 tracce più curate e forse meno istintive, claustrofobiche e taglienti, necessarie e devastanti, capaci ancora una volta di dipingere in tinte scure uno stato emotivo che da senso di persecuzione si è trasformato in vera rassegnazione e sembra voler accompagnarci come una piogga scrosciante, fantozziana e incessante. Sono sette canzoni tristi e non potrebbe essere altrimenti, sanno di vita vera e non hanno bisogno di niente per essere adorate senza mezzi termini, solo di noi, che in queste canzoni ci siamo dentro fino al collo.
Con “Ormai” i Fine Before You Came hanno finalmente definito con precisione cos’è veramente bello. Tutto il resto è solo accontentarsi.