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Interviste

Intervista ai GRANTURISMO

Vengono dalla Romagna e sono un’interessante finestra sul mondo cantautorale, una di quelle finestre dalle quali è possibile vedere e raccontare il mondo con i suoi contrasti, con le sue brutalità e le sue meraviglie.
I paragoni con altri gruppi non reggono, brillano di luce propria i Granturismo: appena percepibili gli echi alla poesia di artisti del calibro di De Andrè e di Tenco e alla leggera profondità di Rino Gaetano.
Alle spalle hanno due lavori, “Granturismo” uscito nel 2008 e “Il tempo di una danza” del 2010 che hanno riscosso un buon successo di pubblico e critica; il 23 novembre pubblicano un ep “Cacciavite nel cuore” ma sono già in fermento per il nuovo disco che vedrà la luce quest’anno.
Chi meglio di Claudio Cavallaro, il frontman della band, con la sua disincanata ironia mista ad un romanticismo un po’ retrò, può parlarci dei Granturismo?

Questa sarà una domanda che ti avranno fatto in tanti: come mai la scelta del nome Granturismo?
Non l’ho scelto io, me lo sono trovato addosso, me l’hanno dato quando hanno deciso di farmi fare un concerto a sorpresa. E’ nato tutto da lì, nome, band e tutto il resto. Come se ti spintonassero da dietro. Granturismo è un nome che non ha nessun riferimento o significato particolare, e mi può andare. Molti dei gruppi che mi piacciono hanno un nome che non vuol dire nulla, tipo Led Zeppelin, Formula 3, Wilco, Pavement..

I Granturismo sono tematiche forti raccontate con leggerezza e ironia: cosa ti ispira?
Mi ispira alzarmi la mattina cercando un modo per affrontare la giornata separando il lato oscuro e il lato luminoso della realtà. Spesso ho il sospetto che siano intercambiabili. Ci sono un sacco di cose che vedo attorno a me che non mi piacciono, un’aridità diffusa. Ma ne vedo anche altre su cui vale la pena lavorare. Bisogna solo trovare un altro modo per essere felici, che poi forse è quello più giusto. Spesso identifico con il bene quello che mi rassicura, e con il male quello che mi mette a rischio, ma è solo il mio limitato modo di vedere le cose perchè non so leggere oltre. Cerchiamo per tutta la vita delle risposte e poi magari quando arrivano non le sappiamo riconoscere, siamo sempre tirati per le maniche da troppe di quelle che riteniamo priorità. Le persone tendono a dare eccessiva importanza alle cose che le riguardano individualmente, mentre invece siamo solo nomi scritti sull’acqua. L’ironia cerco di non farmela mai mancare dal momento che tutte le questioni umane, anche quelle che riteniamo più importanti, sono passeggere e durano il tempo di una canzone.

Attraverso quale percorso personale e artistico siete arrivati ad essere ciò che siete oggi?
Lavorando molto e navigando a vista. Granturismo è un collettivo musicale un po’ freakettone in cui si avvicendano i musicisti più disparati. C’è tutto un atteggiamento un po’ piratesco quando si tratta di suonare come Granturismo. Io tengo il timone e guido la nave, ma può saltare a bordo chiunque. Non so dove andrò a finire, ma non mi voglio fermare. Sono curioso di sapere che tipo di musica farò tra 3 anni e con chi. Non ho nessun itinerario prestabilito e avrò modo di scoprirlo solo alla fine. Assomiglia un po’ alla storia di “The Seeker”, la canzone degli Who.

“Cacciavite nel cuore” distribuito gratis sul vostro sito: perché?
L’abbiamo distribuito ai contatti che si sono iscritti alla nostra mailing list nel corso dell’ultimo tour, poi abbiamo deciso di regalarlo fino al 25 dicembre a chiunque lo volesse. Lo scorso anno abbiamo avuto un po’ di imprevisti e siamo mancati per un po’ dalle scene, volevo fare arrivare un messaggio in bottiglia a chi ci segue. Abbiamo un pubblico di persone molto sensibili e attente, e cerchiamo di tenercele strette.

Cosa pensi della scena musicale indipendente attuale? E di quella legata alle major discografiche?
Non penso cose troppo positive. Le major sono semplicemente delle balene arenate su una spiaggia in attesa di morire. Mentre per quanto riguarda i cosiddetti “indipendenti”, le proposte sono tantissime. Mi dispiace solo che sia una scena contraddistinta sempre di più da guerre tra poveri e atteggiamenti da primedonne, ma questo di solito succede in molti settori quando una nazione smette di contare qualcosa nel panorama mondiale. Non è raro imbattersi in gruppi molto validi, che però fanno un solo disco e poi spariscono nel nulla semplicemente perchè non hanno modo di sopravvivere. Anche a livelli medio-alti nessuno riesce a campare con la musica, quindi quelli che durano sono i pochi che resistono a quest’era glaciale con le proprie forze, oppure – e si tratta della maggior parte dei casi – sono gente che ha un sacco di soldi di famiglia, beati loro, e possono permettersi di investire in una promozione sulla lunga durata e nel frattempo girare l’Italia per molti anni e pochi spiccioli. Quindi attenzione perchè dietro un alternativo che fà il duro e puro spesso si nasconde un ‘figlio di papà’ fatto e finito! D’altronde la (contro)cultura pochi possono permettersela. Paradossalmente lo pseudo-proletario medio che ci vuole provare con la musica di solito si butta nei reality tipo X Factor, il che la dice lunga. Non mi piace generalizzare, ragiono solo sui numeri. Logico che ci sono tante persone nell’ambiente che si danno un sacco da fare e si immolano alla causa e tengono vivo tutto quanto. E per fortuna che ci sono.

Cosa ascolti in questo periodo?
Questo mese soprattutto Tame Impala, Black Lips, Black Keys, Devendra Banhart, Ramones, i Kokolo, Scott Walker, Tony Allen, i primi due dischi di Tim Hardin, “Dusk” dei Fleetwood Mac, il calipso degli anni ’40, i dischi della DFA records, il reggae della Trojan, un po’ di hip hop.. ma cambio di settimana in settimana. Quello che non manca mai nella mia dieta musicale è un sacco di soul, vecchio e nuovo. A quest’ultima generazione decisamente manca il fattore “soul”.

Come vivete la dimensione live?
E’ l’unica dimensione in cui mi sento ‘acceso’, quella in cui mi sveglio. Negli altri momenti la mia testa è sempre nel fade-in o nel fade-out di quello che ho fatto o quello che dovrò fare, mentre su un palco riesco a vivermi il momento presente.
Mi mancano molto i concerti, ora siamo in stand-by per via della lavorazione del secondo disco, ma spero di riprendere al più presto.

Pensi ci sia ancora spazio per la musica cantautorale oggi?
La musica cantautorale oggi mi sembra che goda ancora di buona salute, anche se forse ha perso un po’ della carica eversiva e dell’urgenza espressiva che aveva qualche decennio fa, cosa che invece ritrovo nei testi di un certo hip hop sotterraneo delle nostre periferie.
Comunque sia, finchè ci sarà in giro gente come Bobo Rondelli, Bugo, Colapesce, Andrea Appino, Verdena, Amycanbe, Pan del Diavolo e Mariposa possiamo dormire sogni tranquilli.

Dimmi un po’ del prossimo lavoro: qualche anticipazione?
Sarà un lavoro molto minimale, senza troppi fronzoli o compromessi, che oscillerà tra cose molto ritmate e sudate a ballate molto aperte e ipnotiche. La formazione dei Granturismo sarà un power-trio che avrà un’attitudine molto punk. Ci siamo già dati alcuni limiti, tipo che lo registreremo dal vivo in studio nel giro di massimo 3 giorni. In questo momento di bulimia musicale, ho bisogno di qualcosa di scarno e immediato, che suoni il più sincero e puro possibile.

a cura di Azzurra Funari

(foto di Marco Trinchillo)

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