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Afterhours – Padania

2012 - Germi
rock/alternative

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Tracklist

1. Metamorfosi
2. Terra di nessuno
3. La tempesta è in arrivo
4. Costruire per distruggere
5. Fosforo e blu
6. Padania
7. Ci sarà una bella luce
8. Messaggio promozionale n.1
9. Spreca una vita
10. Nostro anche se ci fa male
11. Giù nei tuoi occhi
12. Messaggio promozionale n.2
13. Io so chi sono
14. Iceberg
15. La terra promessa si scioglie di colpo


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Negli ultimi anni ho perso un po’ di vista gli Afterhours, limitandomi a seguirli con quella simpatia poco impegnata con cui ci si interessa alle vicende del proprio calciatore preferito quando, dalla squadra del cuore, se ne va a giocare all’estero. E forse è meglio così: le troppe chiacchiere e i troppi passi, alcuni solo pericolosi, altri obiettivamente falsi, il giro del mondo, l’inglese, Sanremo e i molti che in giro li disegnano ormai come i classici vecchi elefanti senza spunti e senza idee non sono certo lo sfondo adatto per avvicinarsi ad un disco così senza pregiudizi, in un senso o nell’altro.

“Padania” è una presa di posizione forte già a partire dal titolo che – lo sanno benissimo Agnelli e compagni – non può che alimentare il chiacchiericcio intorno, fosse solo per la fatale puntualità con cui si inserisce nel periodo storico che cerca di descrivere con armi finalmente di nuovo affilate. Lo assoceremo per molto tempo alla fine, più o meno veritiera, di una tirannia tutta italiana, tralasciandone il significato più sincero e originale, ossia uno stato mentale figlio legittimo di un desiderio di rivoluzione talmente ossessivo e perforante da oscurare sè e il proprio destino.
Un concetto forte, per certi versi inattaccabile, che pervade e caratterizza il disco e la sua formazione: gli Afterhours hanno scelto di fare tabula rasa e tornare indipendenti, riabbracciando – e si sente forte – la chitarra di Xabier Iriondo in alcuni brani, permettendosi il lusso di suonare slegati da qualsivoglia vincolo come quasi agli inizi della loro carriera.
È forse un disco che gli Afterhours hanno fatto più per se stessi che per noi qui fuori, nel tentativo di ricucire quelle parti che nel tempo si sono scucite: giocano col noise degli albori ma con più criterio e maturità (non prendetelo per forza come un pregio), disossano linee melodiche senza perdere il gusto per l’armonia più semplicistica, si riprendono la scena con le chitarre taglienti di Ciccarelli e Iriondo, con il violino di D’Erasmo che dipinge dissonanze come forse mai in passato e con una certa voglia di spingersi senza remore in derive quasi progressive.
Sono tornati vivi, distorti, aggressivi, psichedelici, complessi, in poche parole e di nuovo padroni dell’ascoltatore nonostante perseverino nei difetti più recenti, soprattutto quando Agnelli si perde in autocompiacenze vocali nel pacchiano desiderio, ormai sempre più esplicito, di avvicinarsi a Stratos e agli Area senza averne nè i mezzi nè l’effettivo bisogno.

Sicuramente in netto surplus rispetto al precedente “I Milanesi Ammazzano Il Sabato”, alla lunga, chissà, magari perfino nell’Olimpo della loro discografia, “Padania” ha di certo il merito di riconsegnarci gli Afterhours, dimostrandoci quanto e come siano ancora in grado di incidere, divertirsi, divertire e conquistare, in una parola sola, emozionare.

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