Siamo arrivati all’ottavo capitolo in studio per quel che riguarda la band capitanata da Max Cavalera. Ciò che agli albori sembrava essere solo un progetto temporaneo invece ormai è una realtà conoslidata.
Questo gruppo possiamo tranquillamente dire che è il giocattolino di Max, dove lui è il direttore d’orchestra. E’ colui che suona il bello e cattivo tempo.
Con Enslaved è stata posata una pietra tombale su quello che un tempo,nemmeno troppo lontano, si poteva definire nu-metal.
Max Cavalera, colui che ha contribuito pesantemente alla nascita di questo genere, ne ha decretato definivamente la fine.In Enslaved si vede un radicale cambio di rotta e di stile.
Difficile capire se ad esempio l’entrata in scena del nuovo drummer (ex Borknagar) abbia influenzato i ritmi a tratti death e black metal (“World Scum”), o se il suo intervento è propedeutico alle idee che Max avesse in testa.
Il suono è sempre molto riconoscibile e riconducibile ai Soulfly, ma anche, e non si può negarlo, ai Sepultura di Beneath the Remains e Arise.
Come già anticipato, il suono è più heavy che mai. Un ritorno senza troppi rimorsi al thrash metal (“American Steel”) a cavallo dei primi anni ’90 condito da tutta l’esperienza di quello che è stato scritto fino ad oggi.
Facendo tutte queste premesse, l’album non brilla però per fantasia e freschezza. Non basta piazzare dei blast beat per dire “ecco la novità” specialmente al giorno d’oggi in cui l’offerta musicale è molto ampia, paradossalmente alle vendite.
Si perde via in lunghezza,considerando che la media dei brani è oltre i 4 minuti. Manca quell’aggressività e immediatezza concentrata in pochi minuti spinti al massimo.
Non riesce ad entusiasmare fino in fondo.
Consigliato ai fans del gruppo, un pò meno a chi cerca novità e sperimentazioni.
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