È sicuramente spiazzante il bizzarro calderone che si dipana con arrapante nonsense lungo i 27 pezzi di “Ingannevole è il Colon”, album di inaudita distanza a firma Meconio e i Difficili Equilibri Sulle Rapide.
A lezione di progressive, ma senza la voglia di applicarsi a fondo, Meconio sceglie le 6 corde per affogarsi ora in sensuali groove da autoerotismo anni ’70 (“Boh”, “Caravella”), ora in pompose divagazioni cosmopolite (“Il Saltimbanco”), ora in inaspettetate deflagrazioni nero-metal (“Lucy In The Black Castellazzo’s Sky”), ora e per sempre in un’atmosfera che sa di pop dalla testa ai piedi, sia quand’è puro e tiepido revival (“G”) sia quand’è sincera sperimentazione in salsa quasi-electro (“H-Zo”, “Ghiribizzo”).
Difficile da assimilare, ancor di più da catalogare in una sola e semplice etichetta, sulla certa scia tracciata da Klippa Kloppa, Maisie e Babalot nel cielo più nascosto del panorama italiano, Meconio e i Difficili Squilibri Sulle Rapide prova e riesce a disegnare un’idea di pop di nuovo libera e slanciata, quasi a voler recuperare le migliori annate dell’Italia in musica e a spazzare via una volta per tutte, o almeno per una sessantina di minuti circa, la coltre di immobilismo digitale che ci abbiam piazzato sopra.
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