Micachu, ovvero Mica Levi, sputata fuori plinianamente dal Surrey, zona ai più ignota ma che ha donato la home sweet home ai mattatori del blues sixties made in England, artista radicale, prolifica mixtaper e, occasionalmente, compositrice classica, il suo debutto, Jewellery, nel duemilanove leccò quasi una poltrona al Mercury Prize.
Sperimentazione, apparecchiatura casalinga, gli strumenti preferisce costruirseli da sé. Never sorprende, un proiettore di esperienze sonore meticolosamente inventate e riprodotte con i negativi fotografici della musica indipendente, azzarda nel periodo nero dell’industria discografica ma riesce a coniugare con stravagante naturalezza l’ambiguità espressiva di Jamie Stewart e l’homemade di Tune-Yards. Androginia vocale, homeswingers, lo-fi acido, e Mica l’alternativaindieavanguardista scompone Never in noise anfetaminico (Easy, Nowhere), drone epilettico (OK) e psych pop caustico (Holiday), girovagando per ambienti minimal tuttoquellochetipare (Fall) e Sleepwalking moderne (Nothing).
Ascoltandolo più volte la Babele crolla e la si apprezza meglio, sebbene rimanga un disco complesso, avventuroso e singolare.
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