Come se i fantasmi di Hank Williams, Blind Willie Johnson, Robert Johnson si materialzzero in un colpo solo davanti ai vostri occhi. Come se, grazie a qualche oscura pozione voodoo o a qualche sacrificio con sgozzamento di galli e galline, i modesti fiumi nostrani (Tevere, Arno, Po) diventassero quel gran satanasso scuro e denso del Mississipi.
Dove tutto ebbe inizio: non staremo certo a tediarvi con le risapute storie sugli schiavi neri nei campi di cotone, la disperazione da cui nacque la musica del diavolo, il Blues del Delta, eccetera eccetera. Tutte cose che conosce benissimo Gianni TBAY, unica mente dietro il monicker The Blues Against Youth (all’inizio, nel 2006, erano in due, ma ben presto il nostro rimane da solo e decide di proseguire come one man band). Country blues viscerale, primitivo e carico di groove, suonato con attitudine rock’n’roll (un po’ come suonavano il blues le bands della Crypt anni Novanta). Chitarra elettrica, harmonica, cassa, voce leggermente filtrata e niente altro. Grandissima abilità nel maneggiare un genere che è la genesi di tutti i generi, i dieci pezzi che compongono Pure At Heart Blues hanno un tiro boogie micidiale: la title track, When The City Is Dead, Feminist Nightmare, sono solo pochi esempi di brani dove la carica pelvica in bassa fedeltà raggiunge il suo acme. Quando le pulsioni lasciano spazio alla disperazione ed alla solitudine, ecco il numero di Just Don’t Call My Name che chiude mirabilmente i giochi.
Blues contro i giovani, speriamo che quest’ultimi capiscano e si redimano.
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