Parlare di Boyd Rice risulta sempre scomodo tanto quanto lo è stato il suo personaggio sin dall’inizio della sua carriera.
Artista a tutto tondo dotato di grande acume, intelligenza e furbizia (lasciando stare le accuse di fascismo/razzismo/misoginia ecc. che lasciano il tempo che trovano) riuscì, grazie ad un costante atteggiamento provocatorio e totalmente politically uncorrect, a ricalcarsi uno spazio abbastanza importante nel mondo musicale, cinematografico e letterario (lo ricordiamo, infatti, anche come autore di saggi, studioso del paganesimo e delle rune). Roba da far sembrare il buon Varg un pivello a confronto.
Musicalmente parlando, la maggior parte della sua discografia a nome NON è formata da muri sonori fatti di loop, feedback, rumore e testi declamatori ed estremi.
Questo nuovo capitolo, che segue a distanza di dieci anni quel monolite nero di avanguardia in bilico tra ambient e musica concreta (“Children of The Black Sun”), ci suggerisce sin dal titolo un ritorno alle sue primissime uscite (si parla degli anni settanta) in cui Rice si divertiva a manipolare rumori, feedback e le piu assurde sorgenti sonore (per qualcuno fu proprio lui l’ideatore del primissimo esempio di campionatore).
È principalmente rumore quindi quello che si trova nei solchi di questo interessantissimo “Back to Mono”.
Schegge sonore come “Watusi” (ri-registrazione di un vecchio brano targato 1978) e la title track (con la rispettiva versione live) sono loops corrosivi di puro noise old-school, mentre “Man Cannot Flatter Fate” lambisce territori power electronics.
Tralasciando la riproposizione della conosciuta “Fire Shall Come” (già in “Wolf Pact”), Boyd ci ripropone in “Seven Sermons To The Dead” i suoni e le atmosfere di “Children Of The Black Sun” debitamente distorte e manipolate.
In “Scream” (violentissimo brano live direttamente del 1979) e “Obey Your Signal Only” il noise si mescola a loop musicali e grida di sottofondo in una versione moderna e raffinata di dischi come “Pagan Muzak” o “Black Album”
“Turn Me On Dead Man” e “Turn Me On Dead Man (Reprise)”, scritte in collaborazione con Z’Ev, risultano completamente antitetiche: la prima rappresenta l’episodio più musicale del disco, mentre la seconda è una nerissima piéce di musica dark ambient.
Ci pensa la divertente cover di “Warm Leatherette” dei Normals (scelta non a caso essendo il primissimo singolo mai pubblicato della Mute) a chiudere il lavoro.
Anche se, naturalmente, altri artisti hanno preso, perfezionato e portato a stato dell’arte il rumore in musica, quello qui presente rimane incredibilmente riconoscibile e inimitabile, legato indissolubilmente ad un periodo in cui si considerava il punk come il non plus ultra dell’estremo.
“Back To Mono è il mio tentativo di dimostrare che il genere che ho creato ha ancora spazio per crescere; che può essere ancora reinventato”.
E se lo dice lui ci crediamo.
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