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Der Blutharsch & The Infinite Church Of The Leading Hand, Aluk Todolo, Necro Deathmort: Viaggio Al Termine Della Notte #12

“La vita è questo, una scheggia di luce che finisce nella notte”

Questa è una delle frasi più celebri del romanzo Viaggio al termine della notte, scritto da Louis-Ferdinand Céline nel 1932.
A volte, non è solo la vita a perdersi in qualche frammento della notte, ma anche la musica. Con l’avanzamento dell’era tecnologica, la quantità di uscite musicali è aumentata notevolmente, portando tutti i vantaggi e svantaggi del caso. Uno dei principali svantaggi è proprio quello di perdere tante piccole perle musicali nella notte della rete. La rubrica è quindi una riscoperta di tutto quello che nei giorni o mesi passati, non ha trovato spazio tra le pagine di Impatto Sonoro e che vi viene proposto come il biglietto per un lungo viaggio musicale. In ogni uscita parleremo di quattro tappe che riscopriamo assieme a voi. Non vi resta che partire e ricordarvi che la cocaina non è che un passatempo per capistazione.

A cura di Enrico Ivaldi.

Der Blutharsch & The Infinite Church Of The Leading Hand – The End Of The Beginning (Wkn, 2012)
Che Albin Julius si sia completamente votato ai lisergici piaceri della musica psichedelica è ormai cosa risaputa da un bel po’ di tempo, così come la volontà di far entrare nel suo mondo i suoi ascoltatori più affezionanti consigliandone il corretto ascolto con debiti aiuti “esterni”.
Così, dopo poco più di un anno dall’esaltante “The digging…” riecco il combo austriaco presentarci un altro bel trip sonoro.
La formazione di base vede, oltre ai soliti Albin e Marthynna, Joerg B. alle chitarre e una serie di ospiti esterni (Alessio dei Varunna alle chitarre, Josef Dvorak e Lloyd James alle voci, Matt Howden al violino).
Confesso la mia estrema curiosità nell’avvicinarmi a questo “The End of the Beginning” vista la consuetudine con cui il gruppo viennese cambia pelle ad ogni disco.
Rispetto al precedente la parte rock è leggermente diminuita lasciando più spazio ad un delirio kraut pieno di synth, mellotron e basi elettroniche.
Sempre in costante evoluzione, il suono degli austriaci risulta questa volta un amalgama tra la voglia elettrica di “The Digging…” e le tendenze più elettroniche di “Flying High”.
Difficile descrivere un brano piuttosto che un altro, il tutto è un lungo collage di colori e suoni lisergici.
Sebbene le radici ambient e quelle più legate al folk marziale siano ormai sparite da tempo, è incredibile come tutto suoni sempre perfettamente coerentemente con il resto della discografia di Albin Julius.
Merito, questo, sicuramente di una personalità fortissima.
Un loro brano recita: “Never Surrender! Never Give Up!”.
Ed è quello che continuano a fare fregandosene di tutto e tutti.

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=ULxdzKiJzlA[/youtube]

Aluk Todolo – Occult Rock (Norma Evangelium Diaboli, 2012)
Ero curiosissimo di ascoltare questo terzo disco dei francesi Aluk Todolo, soprattutto dopo le anticipazioni e la pubblicazione per un’etichetta come la Norma Evangelium Diaboli.
Un doppio disco la cui apertura è affidata a “Occult Rock I”, traccia violentissima e atipica, con i suoi dieci minuti sorretti da un blast-beat continuo e un riffing black-metal dal sapore acidissimo.
Il resto è un delirio di improvvisazioni e digressioni kraut-rock in cui sbucano umori doom (la conclusiva “Occult Rock VIII”) e atmosfere di psichedelia space anni ’60 (“Occult Rock VII”).
Se da una parte é vero che quasi tutte le tracce si somigliano, dall’altra un plauso ai tre francesi è doveroso, per il loro intento perfettamente riuscito di unire in un’immaginaria jam-session Amon Duul II (per la forma musicale) alle atmosfere nere e dissonanti dei Deathspell Omega.
Le promesse, dopo due lavori non sempre all’altezza, sono state finalmente mantenute.

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=ow1g4xd7gTM[/youtube]

Necro Deathmort – The Colonial Script (Distraction Records, 2012)
Il terzo disco di questo strano e oscuro duo inglese è a dir poco esaltante.
Partendo dalle intuizioni geniali del precedente ed interessantissimo “Music of Bleak Influence” (che risultava già molto più omogeneo del loro debutto) il gruppo affina e smussa tutto ciò che di spigoloso era rimasto nel loro sound. Un sound cupissimo, fatto di pesantezza drone e doom ma filtrata attraverso un’ inedita veste elettronica.
Quello che ne esce é una originalissima jam malata tra i Burning Witch, gli Scorn, i Godflesh più dub e le frange più ambientali della Ant-Zen.
C’è, per completare il tutto, anche un pizzico di dubstep, quella alla Techno Animal, si intende.
Il pregio più grande di questo lavoro è quello di risultare totalmente omogeneo, sia che si tratti di brani più sintetici quali “Starbeast”, “Imperial” o “Shadows of Reflecioons of Ghosts”, che di bordate doom come “Led To The Water”, “Theme From Escape” o l’ultima micidiale “Insecto!”.
Insieme all’uscita di sua maestà Justin Broadrick a nome JK Flesh, questo “The Colonial Script” rappresenta sicuramente il miglior lavoro di contaminazione tra elettronica e rock dell’anno.

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=8yrc9QEP69k[/youtube]

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