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Il Collezionista Di Ossa

Peyr, Rake, Mourn: Il Collezionista Di Ossa #19

Camminando nei meandri oscuri dei magazzini di Impatto Sonoro ci siamo imbattuti in molti cadaveri, interessanti resti umani che il tempo ha dimenticato e che abbiamo deciso di riportare alla luce per non lasciare alla polvere tutte queste avvincenti storie. Afflitti dalle nostre turbe ci sentiamo un misto tra The Bone Collector e Karl Denke. Presentarvi direttamente il corpo non sarebbe abbastanza frizzante, pertanto ci siamo imposti che ogni numero di questa rubrica sarà composta da tanti piccole falangi tagliate che vi doneremo come pillole. Starà a voi seguire le tracce al suon di musica e arrivare goduriosamente al corpo del reato.
“Mini-recensioni” di dischi finiti nel dimenticatoio, ristampe di glorie del passato, bootleg, archivi musicali e nuove uscite in formato musicassetta.
Dalla minimal wave all’industrial, passando per gruppi underground est europei, giapponesi e catacombe innominabili.

A cura di Fabio Gallato.

Peyr – The Fourth Reich (Mjöt, 1982)
Forse in pochi sanno che il primo gruppo islandese a far fortuna anche fuori dalla glaciale e vulcanica isola del nord Europa furono i Peyr (Þeyr), tribolato ensemble che nel bel mezzo dell’ondata new wave che sconvolse l’Europa tutta se ne uscì con diverse piccole produzioni tra il 1980 e il 1983 per poi scomparire di botto dando vida ad altri progetti (Sugarcubes su tutti). Il synth-pop scuro e leggiadro di scuola Depeche Mode misto al post-punk rabbioso dei Killing Joke: questa la proposta dei nostri, che riuscirono a stregare tanto lo stesso Jaz Coleman quanto nientemeno che Robert Smith che li volle con sè nel tour europeo dei Cure nel 1981, salvo ottenere un umile rifiuto: “Non ci sentiamo pronti”.
The Fourth Reich, dal titolo ambiguo e ovviamente mal interpretato, è un 12″ di quattro tracce, ispirato alla figura dello psicoanalista austriaco Wilhelm Reich, bandito e perseguitato dal regime nazista. C’è dentro tutta l’anima più rabbiosa e grigia della band, fatta di ritmiche ossessive, chitarre sporche e taglienti come lame, liriche claustrofobiche e un’atmosfera generale da parata marziale andata a male. Forse non è un masterpiece del genere, ma è sicuramente interessante per capire che l’Islanda non è solo campanellini e paesaggi mozzafiato da cartoline hipster.

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=5SM4_TrZySk[/youtube]

Rake – The Tell-Tale Moog (Carlophonics, 1996)
75 pezzi figli dell’anti-estetica dadaista, un esperimento a tratti disarmante su come destrutturare l’idea del rock in un mare di sperimentalismi e deliri libertini di dubbio senso: i Rake sono forse l’essenza più dissacrante e sperimentale dell’avanguardia nella famiglia allargata rock, aperta fino all’inverosimile a qualsiasi tipo di sfumatura, dal free jazz alla psichedelia, dal noise più puro all’industrial meno astratto. “The Tell-Tale Moog” è un difficilissimo collage deviato che raccoglie 75 minuscole tracce per un’ora e mezza di claustrofobico delirio, che segna ancora oggi un punto cardine dell’avanguardia in senso lato: dalla furia core dei primi pezzi, all’algida follia digitale degli ultimissimi, nel mezzo c’è tutto un farneticare di moog, chitarre e altri ammenicoli sonori che sbandano furiosamente in un cosmogramma impossibile di improvvisazione selvaggia e take che il 99% delle orecchie mondiale troverebbe fuori luogo.
“Di certo, non facciamo musica per guadagnarci degli amici. Abbiamo scelto la ‘musica sbagliata”

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=nET0YrO3j08[/youtube]

Mourn – Psicodisarmonie in RE (Green Records, 1996)
Tra i primi vagiti della ricca scena emo italiana c’è questo gioiellino firmato Mourn: “Psicodisarmonie in Re” è forse ancora oggi uno degli esempi più interessanti di quanto di buono sia stato prodotto in Italia all’interno di quel settore musicale che proprio oggi sta vivendo una seconda e brillante giovinezza. Cantato quasi esclusivamente in inglese, testi saldamente adolescenziali, svariate influenze (dagli ancora vividi Fugazi a certe sfumature post-black) e una freschezza compositiva da sottolineare con gioia: uscisse nel 2013 con un nome a caso dei soliti noti si griderebbe al capolavoro.

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=IG4A07oz07k[/youtube]

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