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Bad Religion – True North

2012 - Epitaph
punk/hardcore/rock

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Tracklist

1. True north
2. Past is dead
3. Robin Hood in reserve
4. Land of endless greed
5. Fuck you
6. Dharma and the bom
7. Hello cruel world
8. Vanity
9. In their hearts is right
10. Crisis time
11. Dept. of false hope
12. Nothing to dismay
13. Popular consensus
14. My head is full of ghosts
15. The island
16. Changing tide

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Sempre affidabili i Bad Religion. Sempre efficienti e riconoscibili. E’ come quando compri una marca di detersivo perché sai che è quello che rende al meglio. Se conoscete un gruppo che, portando avanti la bandiera dell’hardcore-punk, è riuscito a cavalcare al massimo della velocità dal 1979 fino ad oggi (una breve pausa se la presero tra il 1983 ed il 1984) sicuramente è perché venite da un’altra galassia.

True north è il vero e pieno ritorno dei Bad religion, è la loro rivincita sulle “nuove leve” che se ne vanno a zonzo sputtanando la parola “punk” e la rivalsa su nomi altisonanti del punk che, da anni ormai, stanno suonando merda a nastro da primato della produzione industriale. Siamo di fronte ad un fenomeno non solo musicale, che conosce bene i Bad Religion sa benissimo che la loro musica è efficace soprattutto perché riesce nel difficilissimo compito di coniugare ritmiche hardcore con profondi testi di protesta come in Crisis time, Land of endless greed e la quasi profetica Popular consensus, il tutto combinato con un’attitudine melodica nell’uso dei cori che fa invidia all’intero mondo dell’hardcore melodico. Hanno praticamente preso una laurea in questo campo e la particolare voce di Greg Graffin è ormai un segno riconoscibile praticamente ovunque. Il disco, il sedicesimo della serie, è una passeggiata di 16 brani “di rappresentanza” dell’hardcore punk, se si fa eccezione per i quasi 4 minuti di Hello cruel world, ed è qualitativamente quanto di meglio ci si possa aspettare da una band “di genere” come loro. Sono comunque lontani i tempi di Suffer e No control, ma sono da salutare con un lunghissimo applauso i raffinati ed affilatissimi riff delle chitarre di Brett Gurewitz e di Greg Hetson. Non mancano, ovviamente, gli episodi di pura violenza sonora che si accompagnano al classico 4/4 della batteria come nel caso di My head is full of ghosts e Changing tide ed è, forse, proprio in questi brani che si riscontrano le più mature capacità del gruppo, che riesce a dotare di senso una canzone senza dover per forza ripetere all’infinito “fuck the world!”. Sono certamente ambiti di difficile comprensione per un quindicenne che si avvicina al punk o più in particolare all’hardcore, ma sono di una qualità così superiore da far invidia anche al più strafatto dei Jim Morrison.

I Bad Religion sono arrivati lì dove pochi altri sono riusciti ad arrivare, costruirsi una credibilità ampia, che non coinvolge cioè solo i malati di punk, ma che più in particolare abbraccia un gran numero di categorie di ascoltatori di buona musica. Ottime strutture sonore, testi pieni di senso, rabbia immutata nel tempo; vorreste privarvi di tanta grazia? Per carità, no!

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=3wP7gWpZVHQ[/youtube]

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