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Bachi Da Pietra – Quintale

2013 - La Tempesta Dischi
hard/blues/rock

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Tracklist

1.Haiti
2.Brutti Versi
3.Coleotteri
4.Enigma
5.Fessura
6.Mari Lontani
7.Io lo vuole
8.Pensieri Parole Opere
9.Paolo il Tarlo
10.Sangue
11.Dio del suolo
12.Ma anche no
13.BARATTO@BACHIDAPIETRA.COM (solo nella versione digitale dell’album)

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Quei metallari dei Bachi.

Una sorpresa, Quintale, per un certo verso. I Bachi Da Pietra ci forniscono una nuova interpretazione del suono nero e claustrofobico della band, che in effetti… nera e claustrofobica lo è spesso stata. Ciò che cambia, o meglio evolve, è il manifestarsi più accentuato delle suddette caratteristiche nel suono dei due coleotteri, ben intervallato da brani più morbidi ma qualitativamente ottimi. Per questo ed altri motivi, ogni canzone di Quintale è meritevole d’approfondimento.
Haiti è un fulgido esempio di tutto ciò, la batteria minimale di Bruno Dorella si arricchisce di charleston e di cattiveria, la voce di Giovanni Succi ricorda quella di un bucaniere e la sua chitarra distorta (!) ci schiaffeggiano a dovere, trovandoci comunque determinati ad arrivare fino in fondo all’album, senza soste. In effetti ci riusciamo a meraviglia: l’album è a parere di chi scrive, più scorrevole del pur ben riuscito Quarzo, predecessore di Quintale. Complice anche la contenuta durata dei brani, la cui media si aggira sui tre minuti pieni.
Proseguendo, spetta a Brutti versi il compito di non rallentare il ritmo; canzone d’impatto, che non perdona, neanche nelle liriche. Altra espressione ben riuscita del suono heavy di quest’album è senz’altro Coleotteri, terzo pezzo del lotto. Dorella qui si sfoga in una sfuriata di “doppia cassa”, mentre Succi non rimane indietro, con liriche sferzanti ( “sei libero /coleottero/ di essere/ come ti vogliono”) ed una chitarra distorta decisamente nervosa. Fantastico.
Arriva una tregua con Enigma prima e Fessura poi, brani atmosferici e sinuosi, dove Succi mette in risalto alcune qualità dei Bachi più caratteristiche, ovvero l’originalità e la teatralità del songwriting, unita alla semplicità di fondo delle canzoni. Qualche lontana parentela col blues arricchisce ulteriormente queste canzoni.
La parte centrale del disco, inoltre, è sorprendente: Mari Lontani è una canzone davvero evocativa, che nel riff mi ha ricordato i Melvins di The Bit, Io lo Vuole rimanda allo stile del Teatro Degli Orrori nel cantato e negli stacchi di chitarra, mentre invece Paolo il Tarlo è addirittura un coinvolgente pezzo stoner. Mi rifiuto di credere che tutte queste impressioni siano frutto di personali allucinazioni auditive e vado avanti con l’ascolto: l’incedere del durissimo riff principale di Sangue ci trascina all’ascolto di una canzone sì “noir” , ma con un certo appeal. Una qualità che a questo punto, possiamo dire, risiede in tutto il disco.
Non fanno infatti eccezione le tracce conclusive: Dio Del Suolo rappresenta infatti la catarsi dell’album, assieme a Ma Anche No, tracce tanto belle quanto “pacifiche”. Da sottolineare la bellezza, oltre che la particolarità dei fraseggi di chitarra, che di queste canzoni ne costituiscono il nucleo.
L’ultimo “brano” (presente solo nei formati digitali dell’album) esula da un mio giudizio semplicemente perché, una volta ascoltato, non ho potuto fare a meno di sentirmi un po’ in colpa. I Bachi sono anche questo, ascoltare per credere. E per sentirsi in colpa assieme!

Quintale è il disco della maturità per il duo nostrano, possiede tutte le carte in regola per aprire una breccia nei timpani di chi ancora non si è accorto dei Bachi Da Pietra. Assicurato.

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=NrV2odnL68c[/youtube]

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