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GRANTURISMO: a marzo il nuovo album “Caulonia Limbo Ya Ya”

Marzo 1945, Caulonia, Calabria. Il sindaco Pasquale Cavallaro, insegnante elementare iscritto al PCI, instaura una repubblica socialista per protestare contro il gattopardesco status quo che continua ad imperversare nelle sue terre martoriate dalla guerra. In una notte, l’ordine millenario è sovvertito. La Repubblica Rossa di Caulonia si rivela però un’esperienza durata un battito d’ali, sedata dopo solo cinque giorni, come una fresca boccata di libertà dopo anni di monarchia e dittatura.

Si parte da qui, da un aneddoto quasi dadaista sepolto nei meandri della storia, per introdurre “Caulonia Limbo Ya Ya”, il nuovo disco dei Granturismo. Si parte da qui per arrivare nel 2013 e nel centro della Romagna, nelle terre di Claudio Cavallaro, il deus ex-machina dei Granturismo, lontano discendente dell’insegnante calabro, apprezzato dj e autore della postfazione di “Anima Latina”, il libro di Renzo Stefanel sul capolavoro di Lucio Battisti. Ma attenzione, i Granturismo non hanno niente di dadaista, non sono un gruppo da battito d’ali: i Granturismo fanno (bella) musica dal 2007, con alle spalle due EP, un disco e migliaia di chilometri percorsi su e giù per l’Italia. E attenzione a “Caulonia Limbo Ya Ya”, undici brani che si inseriscono a pieno titolo nella migliore tradizione cantautorale: storie di vita quotidiana, ora sognante ora disillusa (“Me ne vado al mare”), ora costellata di approcci improbabili (“Vieni a dormire con me”) e di giornate (im)possibili (“Resto in pigiama dentro un brutto film che ho visto già” in “Domenica”). Canzoni con un’anima danzereccia, a volte malinconica come certi pomeriggi romagnoli fuori stagione (“E giocherò col viso tuo pieno di vertigini, al mare d’inverno, ma che freddo fa a Rimini” in “Distanze”), ma che non disdegnano l’uso di qualche chitarra satura così cara al rock n’ roll e di ritmi incalzanti (“Canzone di parole”). Un’anima, o forse due, o forse molte: rock e country, soul e calypso, blues psichedelico e tropicalismo, gospel e canzone francese centrifugati in un caleidoscopio esplosivo di suoni e parole. Perché i Granturismo non hanno paura di mischiare i propri ascolti e le proprie influenze, di unire il bianco al nero e di sentire l’effetto che fa. Non hanno paura di entrare a gamba tesa nei sentimenti, di sezionarli in tutte le loro sfaccettature (“Meraviglioso errore”), e come moderni menestrelli giocano con quella gamma di sensazioni che sono patrimonio (o condanna?) di tutti, belle o brutte che siano (“Chissà, forse morire vuol dire soltanto non essere visti” in “Non essere visti”, o “Lasciavamo andare i sensi come cani senza freni, e non cambierà sapere dove ti sveglierai domani” in “Può darsi sia l’autunno”). Senza tralasciare quei particolari che rendono ogni storia più avvincente e completa, che si parli di un martini dry o si accenni ai saldi ai centri commerciali (“Dubbi Dubbi”). E soprattutto registrate per carpirne la prima impressione, senza fronzoli, senza trucchi, senza esaltatori di sapidità. Poche takes, pochissimi ospiti (Antonio Gramentieri dei Sacri Cuori), nessun ripensamento. Tre giorni di registrazioni, quattro di missaggi e la produzione artistica affidata a Francesco Giampaoli. Cotto e mangiato. Potremmo considerarlo un disco blues o un disco psichedelico, ma la tentazione di inventare qualcosa di nuovo per definire la musica dei Granturismo è troppo forte. Come forte è la personalità di Claudio e dei suoi compagni d’avventura, Enrico Mao Bocchini e Alfredo Nuti Dal Portone. Aggregatori di anime, osservatori attenti, musicisti sopraffini. Per questo “Caulonia Limbo Ya Ya” non è un disco come gli altri, non è solo blues o psichedelia, è un disco di “Calypso Punk”, una immersione profonda in cui è facile, e bello, perdersi. Stalin, memore dell’impresa di Pasquale Cavallaro, arrivò a dire “Ci vorrebbe un Cavallaro per ogni città”. E’ tempo di rispolverare la citazione, perché un gruppo come i Granturismo è proprio quello che ci vuole.

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