Sarà che vengono da una zona, il celebre nord est, tendenzialmente grigia come i tanti capannoni industriali presenti, molti dei quali oggi vuoti e freddi; sarà che la ragione sociale trasmette rassegnazione nei confronti di quel fenomeno atmosferico così caro invece ai bimbi e a Studio Aperto; sarà quella sensazione di claustrofobia quasi accettata comunicata da titolo e cover dell’album, fatto sta che mi aspettavo un lavoro intriso di malinconia, rabbia e frustrazione ….
Ed una volta tanto le aspettative si sono effettivamente rivelate corrette: rock anni ’90 suonato in presa diretta ed analogico da una classica formazione voce + chitarra (elettrica & acustica) + basso + batteria (& percussioni) che dunque musicalmente non stupisce più di tanto – l’impressione comunque è che questo non fosse l’obiettivo principale – ma che appare diretto e sincero e che funge da perfetto gregario per liriche davvero ben scritte e che rappresentano il primario punto di forza della formazione from Cittadella.
Il trio patavino racconta infatti con maturità e stile quanto li/ci circonda, dipingendo con maestria la collettività d’oggi votata quasi esclusivamente alle lotta urlata ed inneggiata, alla protesta ed allo slogan, ma assai meno determinata invece quando si tratta di consuntivare e di portare a casa anche solo il più banale e ludico dei risultati, come la partitella di calcetto infrasettimanale. Ma i MSCN piacciono anche quando si dedicano alle proprie storie, raccontando emozioni e sentimenti e dimostrando così come sia ancora possibile fare buona musica, appassionata, non urlata e non necessariamente vincolata alla/e corrente/i del momento.
“Come pecore in mezzo ai lupi” è dunque un album a base di buonissimo rock d’autore e che da un lato conferma la bontà della via intrapresa dalla formazione veneta dopo il progetto Disfunzione e dopo un primo ep datato fine 2010 carino ma nulla di più, mentre dall’altro lascia ancora intravedere dei significativi margini di miglioramento sonori.