Sono giovani ed al primo album, dopo una bella dose di tempo passata su Youtube a farsi ascoltare e a piacere, ed ovviamente indovinare la perfezione da subito non è cosa affatto facile.
Mescolano tanto, dai ritmi vivaci ai pezzi più nostalgici, senza salire mai nell’Olimpo ma senza lasciare con l’amaro in bocca; la chitarra conduce i giochi in Le mie Pareti Fluorescenti di Nord Africa e la tastiera lo fa in Città Mostro di Vestiti, mentre si lascia spazio a tantissime divagazioni, perché dall’allegria di Morte per Colazione alla malinconia di Senontipiacefalostesso si cambia moltissimo.
Il tutto è suonato ottimamente, ognuno sembra sapere qual è il suo posto e il senso trasmesso è quello di una musica ordinata, stesa con calma e suonata con perizia, senza mai perdere di vista l’obiettivo di un album molto apprezzabile.
La pecca è la mancanza di ciò che renderebbe Senontipiacefalostesso Uno un’opera di livello ben più alto: una voce in grado di ammaliare il pubblico, mentre quella di Francesco De Leo è molto particolare, probabilmente troppo. Non facilita l’orecchio, risultando fastidiosa in alcuni punti, inevitabilmente sempre in primo piano, distrae dallo strumentale e danneggia sicuramente l’impressione al primo ascolto, cosa non facile da cambiare poi. Sembrerebbe impostata appositamente in questo modo, ed è forse il caso di cambiarla almeno un po’: dal vivo prendono molto di più, lo garantisco io.
(Viene facile il confronto con Lo Stato Sociale, compagni di etichetta e non solo, e tutti giù a dire “eh ma non c’è paragone, Turisti della Democrazia è due spanne sopra per i testi e per come ha colpito il pubblico”. Ammesso e non concesso, è anche il terzo album della band di Bologna, e gli altri due nemmeno li avete mai sentiti: diamo del tempo a Milano.)
Se poi il genere non vi piace beh, inutile ascoltarlo, ma lo sapete a priori: non tentano certo di dare un’immagine ingannevole di loro stessi.
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