Impatto Sonoro
Menu

Il Collezionista Di Ossa

Carsick Cars, Brian Eno, Boris, Merzbow: Il Collezionista D’Ossa #22

Camminando nei meandri oscuri dei magazzini di Impatto Sonoro ci siamo imbattuti in molti cadaveri, interessanti resti umani che il tempo ha dimenticato e che abbiamo deciso di riportare alla luce per non lasciare alla polvere tutte queste avvincenti storie. Afflitti dalle nostre turbe ci sentiamo un misto tra The Bone Collector e Karl Denke. Presentarvi direttamente il corpo non sarebbe abbastanza frizzante, pertanto ci siamo imposti che ogni numero di questa rubrica sarà composta da tanti piccole falangi tagliate che vi doneremo come pillole. Starà a voi seguire le tracce al suon di musica e arrivare goduriosamente al corpo del reato.
“Mini-recensioni” di dischi finiti nel dimenticatoio, ristampe di glorie del passato, bootleg, archivi musicali e nuove uscite in formato musicassetta.
Dalla minimal wave all’industrial, passando per gruppi underground est europei, giapponesi e catacombe innominabili.

A cura di Fabio Gallato.

Carsick Cars – Carsick Cars (Tenzenmen, 2007)
C’è un mondo enorme da scoprire in Cina, anche dal punto di vista musicale, è ovvio. I Carsick Cars sono forse la più importante espressione del rock indipendente cinese, tra l’altro una delle poche realtà in grado di uscire dai propri confini nazionali per intraprendere tour in Europa e Nord America. L’omonimo esordio, datato 2007, ci regala impressioni contrastanti: da un lato, il cantato in mandarino, che risulta a primo ascolto difficilmente inquadrabile per gli standard occidentali, crea quella solita atmosfera parossistica che spesso condiziona ogni nostro approccio alle più diverse realtà musicali provenienti dall’estremo oriente; dall’altro, la miscela di indie pop à la Pavement e sperimentazione noise in salsa Sonic Youth è sicuramente di ottima fattura, capace per altro di offrire spunti interessanti (“Zhy Yuan De Ren”) quando non addirittura sorprendenti (“Zhong Nan Hai”). Forse difficilmente assimilabili, perchè troppo legati ad un contesto che non sappiamo ancora riconoscere, i Carsick Cars hanno il grandissimo merito di dimostrare la bontà di una scena che si va arricchendo sempre di più. Qualche nome? PK18, Summer Fades Away, Wu Fei, The Gar…

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=ZQ3x-vhIXEY[/youtube]

Brian Eno – Ambient 1/Music For Airports (Polydor, 1978)
È il 1978 e Brian Eno, impegnato sui più mirabili fronti (le collaborazioni con Talking Head e David Bowie dovrebbero bastare), trova il tempo di inventare il concetto di ambient-music: “Ambient 1/Music For Airports”, opera di valore assoluto e alla base di decenni di musica elettronica, disegna un netto cambio di rotta nella prospettiva metodologica della composizione e della fruizione musicale. Suoni in funzione dello spazio, che riempiono gli ambienti e si confondono nei luoghi e negli oggetti che li popolano, agiscono come un sottofondo lontano, perenne presenza che appare e scompare nel non-silenzio dei non-luoghi. Pensato per sonorizzare le sale di aspetto di alcuni areoporti americani, “Music For Airports” è una composizione in 4 parti che fluiscono unitariamente in un morbido alone di minimalismo soffuso e lontano. Synth e cori pastorali, pianoforti e voci eteree, suoni e strumenti scomposti e ricomposti con maestria per ridefinire la percezione spazio-acustica in una dimensione nuova, in cui lo scorrere quotidiano della vita fonde con naturale armonia le azioni più comuni e gli orizzonti mentali più astratti.

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=RfKcu_ze-60[/youtube]

Boris/Merzbow – Walrus/Groon (Hydra Head, 2007)
Autentica chicca di inestimabile valore, frutto della collaborazione di due delle realtà più influenti del panorama avanguardistico nipponico: i Boris e Merzbow si fondono e danno vita ad un’opera breve e intensa, che riesce a sorprendenre ad esaltare allo stesso tempo l’anima di entrambi i progetti in gioco. Il primo pezzo, “Walrus”, è una cover del quasi omonimo pezzo dei Beatles, qui rivista in chiave psycho-stoner dai Boris e imprigionata in una rete di piccole ma decisive infiltrazioni rumoristiche, che disegnano una delle più belle e malate reinterpretazioni di un pezzo di Lennon e compagni. Nel secondo pezzo, “Groon”, Merzbow divora senza pietà i Boris, in una deriva cannibale di ferraglia, distorsioni e cortocircuiti che non risparmia niente e nessuno, nemmeno il sottofondo ossessivo e apparenemente indenne delle percussioni della band nipponica, cosciente vittima sacrificale dell’acida follia del buon Masami Akita. Applausi a scena aperta.

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=GTIWQlx4cVw[/youtube]

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Articoli correlati