Tanto rock, tanta melodia, testi non banali ma nemmeno rivelatori, chitarre che conducono e batteria che accompagna: un album ben suonato, ma che non osa.
Il Vento, in feat con Il Teatro degli Orrori, potrebbe essere un pezzo della band di Capovilla, per musiche e parole; “non soffia più, non muove niente” è l’apice di un testo significativo e carismatico al primo ascolto, come nella migliore tradizione di quest’ultimo, che se però riascoltato a lungo non sembra essere così illuminante.
Tanti (troppi?) spunti dal grande rock italiano, più o meno visibili, che rendono l’album eccezionalmente facile all’ascolto, grazie anche ad una voce ed uno strumentale di tutto rispetto, facendo scorrere gli undici pezzi senza intoppi all’orecchio. Delicata La Ballata del Giorno Dopo, molto rock Le Ali (ottimo pezzo, che ricorda qualcosa, anche se si fatica a capire cosa), malinconica Perso e orecchiabilissimo Non Conto gli Anni, pezzo che apre l’album.
Quel Sabato Mattina potrebbe senza fatica essere stata composta dagli Zen Circus, ne ricorda i suoni e il coro in sottofondo è un rimando immediato alla band toscana.
Insomma, un lavoro molto buono, con picchi d’eccezione, ma che non sembra portare freschezza alla musica italiana, aggiungendo troppo poco a ciò che c’è già; le qualità ci sono, vanno sviluppate in una direzione quanto più possibile originale.
Per inciso, il vento soffia ancora, e la bufera con lui.
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