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Il Castello Errante di Howl, di Hayao Miyazaki


Scheda

Titolo originale: Hauru no ugoku shiro
Lingua originale: Giapponese
Paese di produzione: Giappone
Anno: 2004
Durata: 119 min
Genere: animazione, avventura, fantastico
Regia: Hayao Miyazaki
Soggetto: Diana Wynne Jones
Sceneggiatura: Hayao Miyazaki

Guardarsi allo specchio e vedere riflessa la propria immagine diversa da come ce la ricordiamo, diversa da come siamo abituati a vederla. Scrutare attentamente lo specchio e rendersi conto che l’immagine che rimanda, altro non è che il proprio volto filtrato da uno sguardo che non è il nostro, che è altro da noi. Come essere sotto l’effetto di un incantesimo; incantesimo di una bellezza disarmante e di una profondità emotiva e intellettuale incredibile. Questa è la precisa sensazione che si prova guardando uno dei maggiori capolavori dell’animazione giapponese: “Il castello errante di Howl”, 2004, di Hayao Miyazaki.
Storia tratta e ispirata dall’omonimo romanzo dell’inglese Diana Wynne Jones, Il castello errante di Howl è il luogo ideale dove Miyazaki ha saputo coniugare i tratti più caratteristici del suo cinema d’animazione: atmosfere dolci, eteree, morbide; la visione di un mondo in cui bene e male non sono mai nettamente contrapposti e delineati, come già sperimentato ne “La città incantata”, un occidente sapientemente distillato attraverso il velo della tradizione dell’oriente giapponese, il tema della vecchiaia e della saggezza, evidentissimo in un altro recente lavoro del regista, “Ponyo sulla scogliera”, la magia e soprattutto la centralità della guerra, filo conduttore che lega la narrazione, elemento emblematico e abbrutente.
L’intreccio della trama è estremamente articolato, capace di svilupparsi su numerosi livelli, andando così a costruire una storia ricca, ma mai pesantemente complicata ed è accompagnata da un’ambientazione e una scenografia che innegabilmente richiamano quell’occidente tanto amato da Miyazaki: i paesaggi e i borghi alsaziani attraversati dai treni sbuffanti un fumo nero e denso, così intimamente appartenenti a un’Inghilterra ormai dimenticata, la sfarzosità e la razionalità della Vienna asburgica nelle facciate del palazzo dell’imperatore. Tutto quanto intessuto e incastonato con estrema armonia in un tempo fantastico intriso di un nostalgico sapore steampunk, con le macchine volanti di ferro e piume, un castello con le zampe di gallina, navi sommergibili e tram, così incredibilmente simili alle cable cars di San Francisco, che si arrampicano sulle salite della città mentre in cielo formazioni di aerei da guerra sventolano i vessilli imperiali, tutti quanti trasformati in immagini da un tratto grafico e una composizione dell’immagine schietti e semplici che mai dimenticano l’accuratezza e la capacità di stupire e saziare anche lo spettatore più esigente.
Perfino la colonna sonora è intinta in quella malinconica dolcezza di cui tutto il film è pervaso: Joe Hisaishi, con le sue composizioni fluttuanti, di impianto prettamente classico, accompagna e armonizza sapientemente le storie e i personaggi.
E quindi odori, sapori, visioni e sensazioni rimbalzano e si riflettono senza sosta verso lo spettatore, diventando improvvisamente e consapevolmente reali.
Applausi signore e signori, incantesimo riuscito.

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