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MINISTRI – Blackout, Roma, 15 marzo 2013

Roma li aveva salutati nel migliore dei modi il 18 novembre 2011 all’Orion di Ciampino, prima della lunga pausa. Ora i Ministri sono tornati con un nuovo lavoro e con la crudezza che da sempre li contraddistingue: loro che le cose non le dicono, te le sputano in faccia con la rabbia e la sincerità disarmante che hanno solo le persone appassionate.
Scelgono la capitale per la prima data del tour “Per un passato migliore” e non sbagliano. Il 15 marzo il pubblico romano li accoglie con un sold-out e con una veemenza e un calore che solo i Ministri potevano scatenare: garantire la sicurezza non è stata un’impresa facile tanto da portare ad una piccolissima pausa forzata.
Davide Autelitano al basso e voce, Federico Dragogna alla chitarra, Michele Esposito alla batteria e F Punto con la sua immancabile presenza live non deludono e danno al pubblico quello schiaffo di rock italiano che serve a svegliarli dal torpore e che per troppo tempo è mancato.
Continuano a denunciare, a schierarsi in prima fila contro chi, istituzioni e società, non li rispetta: il loro urlo non è solo quello di una rock band indie incline al politichese, è il grido di migliaia di giovani che in quel cinico disincanto e il quella rabbia che non cede alla rassegnazione, si rivedono, come riflessi in uno specchio.
La scaletta sembra fatta ad hoc.
Iniziano con “Stare dove sono”, poi è la volta di “Mammut” e di “Il Sole (è importante che non ci sia)” seguita dal primo singolo “Comunque” estratto dal nuovo album: con questi primi quattro brani fotografano le sabbie mobili nelle quali siamo impantanati e la conseguente voglia di uscirci, non abbandonandosi alla facile anarchia o alla solita retorica ma lottando per costruire: questo i Ministri lo hanno fatto schierandosi con un sindaco per veder rinascere Milano o salendo sul cavalcavia Bussa a Porta Venezia per manifestare e cantare con i lavoratori della Fiom durante lo sciopero generale per far valere i propri diritti o arrivando quasi a rinunciare ad un concerto (che poi si è tenuto solo per rispetto dei fan e dopo la presa delle dovute distanze da parte degli organizzatori sull’accaduto) organizzato da Radio Rock dopo aver sentito Emilio Pappagallo assecondare con domande carezzevoli in radio Gianluca Iannone, presidente di Casapound.
Le idee vengono sparate, non c’è spazio per i sussurri e i ritmi sono serrati, tirati, strappati, gli stessi di chi coraggiosamente ogni giorno cerca la sua strada e il modo di restare a galla.
È con l’urlo lacerante di “Diritto al tetto” che affermano se stessi, la loro esistenza, e, con la loro, quella di tutti noi.
Passano in rassegna brani dell’ultimo disco e dei lavori precedenti: “Una palude”, “La pista anarchica”, “Gli alberi”, “La mia giornata che tace”, “Tempi bui”.
Quando inizia “Noi Fuori”, quello che è definito il manifesto della band, il Black Out sembra cedere alla forza di affermazione degli esclusi: “Noi fuori dalle liste, dai concorsi, dalle carte, dalle curve, dai discorsi, dalle rotte, dalle risse, dalle caste, dalle eclissi, dai teatri, dalle aste, dai contagi, dalla peste, dallo sfarzo e dalla miseria, dalle feste con le droghe serie, dai concerti con le sedie, dai solarium, dai cortili coi pavoni, dalle danze, dai condoni, da Manzoni e da Mameli, dalle condizioni dei finanziamenti, dai cimeli della brava gente, dai congressi, dalle mance, dai sondaggi di opinione, dagli asili e dalle pensioni…Noi fuori non sappiamo cosa fare”.
Non poteva mancare “Il bel canto” e lo stage diving con il quale Davide Divi Autelitano si regala al Suo pubblico, inerme, come solo lui riesce a fare, e il Suo pubblico, ancora una volta, non lo tradisce: lo accoglie e lo eleva sopra le loro teste, riconsegnandolo al palco per l’atteso finale.
Gli affezionati sanno che è arrivato il momento di “Abituarsi alla fine” e tutti sappiamo che “se non ci credi più, se dormi e sei più stanco, se oggi è già domani e non è successo niente; se l’hai capito già, e poi non riesci a dirlo
che i nostri sogni sono più tristi uno dell’altro…va tutto bene, va tutto bene: ci vuole tempo per ricominciare…”
Loro sono tornati, e con loro il momento di ricominciare.

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