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Paolo Spaccamonti & Stefano Pilia – Split 12″

2013 - Escape From Today/Brigadisco
sperimentale

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Tracklist

Paolo Spaccamonti | "Frammenti" 01. Non lacrimare
02. Fuga
03. Carapace

Stefano Pilia | "Stand Behind The Men Behind The Wire"
01. Stand Behind The Men Behind The Wire
02. Flux In A Box
03. The Machine In The Ghost
04. Too
05. R. Tune

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Ci sono infiniti modi d’intendere la chitarra e ci sono infiniti mondi da esplorare con le sue 6 (e più) corde,una moltitudine di correnti e flussi, una scala di emozioni da abbattere e ogni volta ricostruire da zero o poco più.

Paolo Spaccamonti e Stefano Pilia decidono di condividere lo stesso spazio nei solchi di questo split album per deliziarci, un’altra volta, con il loro modo di intendere il loro strumento, un modo tanto semplice e scarno quanto emotivamente stratificato. Ma una cosa per volta. Il lato di Spaccamonti porta il nome di “Frammenti”, e mai titolo fu più indicato. I tre brani che compone per l’album sono davvero tre frammenti del suo spettro sonoro, dove splendidi esempi di ciò che ho visto di lui dal vivo, coi suoi loop cristallini in solitaria e dagli arpeggi da giorno dopo la fine del mondo, si scontrano con momenti wave-funk ottantiani in cui la tromba mutante di Ramon Moro si fonde impercettibilmente alle melodie di Spaccamonti, melodie in e-bow che si ripercuotono sulle scheletriche strutture scritte dalla violoncellista Julia Kent (l’ultima “Carapace” porta la sua firma) e si inerpicano distorte fino a sgonfiarsi nel silenzio. Tutt’altra storia tocca al lato del chitarrista dei Massimo Volume intitolato “Stand Behind The Man Behind The Wire”. Pilia è solo e in solitaria compone un flusso verticale di rara bellezza, e qui è davvero solo la chitarra a parlare, in costruzioni acustiche dalle tinte folk (gli arpeggi della title-track s’inchiodano in testa e non si muovono più) a sposarsi perfettamente col “landscape” della copertina di Rocco Lombardi, ariosi, aperti e noir anziché no fino ad atonalità gonfie di fuzz e silenzi spettrali e quanto mai figli di un drone educato al nulla come nell’impalpabile e splendido progredire silenzioso di “The Machine In The Ghost”.

Un album fatto di momenti astratti e giochi di specchi, dove il concept della solitudine è visto da punti di vista differenti, distanti e mai così vicini, emotività a più livelli, in cui l’umore e il rumore usano la stessa aria per veicolarsi al di fuori dei solchi. Escape From Today ci ha (di nuovo) visto giusto.

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