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Manuel Volpe – Gloom Lies Beside Me As I Turn My Face Towards The Light

2013 - Goat Man
folk/blues

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Tracklist

1.A ruin
2.The latest rose
3.Lay to rest
4.The woeful harbour
5.Penumbra
6.Dog's heart
7.Maria Magdalena
8.Porto Empedocle
9.The bored

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Ho conosciuto Manuel Volpe come bassista dei Bhava e non ha avuto pietà delle mie orecchie, dal vivo aveva un suono grosso come un palazzo, e faceva male. Il Manuel Volpe che ora mi trovo davanti ha tutt’altra veste, un altro suono, altri lidi a cui approdare e fonti cui attingere. Non è per forza una persona differente, semplicemente mostra un altro lato di sé, quello acustico ed intimista e lo fa componendo un album, il suo primo solista, dai toni scuri e ammantati di calore.

“Gloom Lies Beside Me As I Turn My Face Towards The Light” è un album dal tocco fine e che racchiude mondi misteriosi e viene costruito al fianco del polistrumentista Maurizio Busca (già all’opera con gli Io Monade Stanca) con la collaborazione di altri musicisti di livello e registrato da Massimiliano Moccia (che tra gli altri ha battezzato Uzeda e Dogs For Breakfast). Schiudendosi di brano in brano, il suono rivela i suoi numeri acustici e delicati, la voce di Manuel è avvolta da un manto multiforme, che passa da toni scuri ad una sinuosità crepuscolare degna di esser ricordata. C’è il tocco del mediterraneo in musica trafitto da chitarre semiacustiche che guardano da lontano un’idea tex-mex di “A Ruin”, gli “strappi” tzigani di “The Woeful Harbour”, che prende velocità ed apre a mandolini ed archi aperti verso un cielo terso sul mare della melodia, ci sono gli appoggi dei fiati neworleansiani di “Penumbra” e i ritmi stronzetti di nonno Tom Waits che affiorano sulle chitarre sornione di “Dog’s Heart”. In alcuni tratti sembra di sentire un manouche al rallentatore in cui Django Reinhardt incontra un Jobim oscuro, con i fiati che disegnano realtà vicine alle composizioni di Henry Mancini (e io le ho sentite in “Maria Magdalena”). E’ un lavoro, questo “Gloom lies…”, di altissimo livello compositivo e i cui arrangiamenti sposano alla perfezione il contenuto dei brani, come sentire un Beirut più scuro che mai mutuato attraverso le crepuscolari storie del già citato Waits.

Se col suo basso Manuel Volpe poteva ferire, con la sua voce cura. E non mi pare poco.

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=MUz6jIh0hcQ[/youtube]

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