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Steven Wilson – The Raven That Refused To Sing (And Other Stories)

2013 - Kscope/Snapper
rock/progressive

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Tracklist

1. Luminol
2. Drive Home
3. The Holy Drinker
4. The Pin Drop
5. The Watchmaker
6. The Raven That Refused To Sing

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Con la prosecuzione ininterrotta dello iato compositivo dei Porcupine Tree, il mastermind Steven Wilson non ha esitato a concentrarsi sulla propria carriera solista (ora sua evidente priorità), dando un seguito, che ha tutto il sapore della genuina freschezza artistica e dell’eterogeneità stilistica, ai precedenti “Insurgentes” (2009) e “Grace For Drowning” (2011), entrambi validi e notevoli, nell’inquadrare differenti sfumature del poliedrico artista inglese.

Laddove “Insurgentes” prediligeva infatti un feeling e una base elettriche/elettroniche e il seguente un’impostazione più folk-oriented, il nuovo “The Raven That Refused To Sing (And Other Stories)” sceglie la strada dell’eterogeneità, alternando, con wilsoniana maestria, momenti più tirati, tecnici e cervellotici (cfr. l’opener “Luminol”) ad emozionanti aperture melodiche (“Drive Home”). Cos’hanno in comune questi due modi componendi? La loro discendenza da quello stesso prog-rock di matrice settantiana dal quale Wilson si è sempre abbeverato a piene mani. Stiamo parlando dei vari King Crimson (di cui, non a caso, ha curato la rimasterizzazione dell’intero catalogo), Yes e Jethro Tull, altrettanti connazionali dai quali migliaia di band hanno mutuato idee, soluzioni, stile.
Come spesso accade, nella musica e più in generale nella vita, la differenza fra leader e follower sta spesso in quell’ineffabile scintilla che chiamiamo talento, di cui il buon Wilson ha sempre dato prova, senza sostanziali soluzioni di continuità. In questo senso “The Raven That Refused To Sing” è forse il migliore esempio, o quantomeno la più efficace sintesi e traduzione del suo essere musicista, inteso come personale e originale interprete di una ben precisa tradizione artistico/culturale.

Il tripudio citazionistico sollevato da queste sei articolate composizioni è dunque da leggersi in questo senso, come del resto il gusto per l’affastellarsi delle parentesi solistiche (tra tutti spicca la new entry Guthrie Govan), che, lungi dallo spezzare il ritmo e la fluidità dei brani, vi creano una progressione strutturale perfettamente coerente con l’intero spirito dell’opera (un esempio su tutti: “The Holy Drinker”). Stando così le cose “The Raven That Refused To Sing (And Other Stories)” non potrà che convincere appieno i numerosi ed eterogenei fan di Steven Wilson, che, a prescindere dal periodo produttivo preferito dell’artista inglese, sapranno entusiasmarsi senza difficoltà, di fronte alla semplicità con cui l’ideatore dell’albero di porcospini rende spontanea e immediata la naturale complessità del prog.

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