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Fine Before You Came – Come Fare A Non Tornare

2013 - La Tempesta Dischi/Legno
post/emo

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Tracklist

1. Discutibile
2. Alcune Certezze
3. Il Pranzo Che Verrà
4. Una Provocazione
5. Dura

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Recentemente mi sono un po’ allontanato dalla nostra scena emo-core, non ho più puntato il dito e non ho più urlato a squarciagola ai concerti, forse non l’ho neanche mai fatto con troppa convinzione, ho persino provato una sensazione di noia e di indifferenza nell’approcciarmi ad alcune delle più recenti uscite di questo filone che negli ultimi anni, trascinato dalle note dei soliti noti (Gazebo Penguins su tutti), sembrava finalmente aver messo in fila ogni tassello.
Forse è il realizzarsi dell’impietosa ciclicità che affligge quella che, seppur intrisa di innegabili valori, è pur sempre una tendenza musicale. O forse è la magia intrinseca della musica, che fortunatamente riesce ancora a colpire o a non colpire nel nome assoluto della soggettività.

Non so ancora come in tutto questo si possa inserire il nuovo lavoro dei Fine Before You Came: se “Come Fare A Non Tornare” sarà una bella iniezione di fiducia o un calcio in faccia senza appello a tutta la scena lo scopriremo con il tempo, contando le solite dita puntate e le urla a squarciagola sotto al palco.
Nel frattempo, restiamo in silenzio di fronte a quello che è forse il capitolo più sincero e sofferto della band milanese, sicuramente quello più piantato nella realtà e per questo più pesante, intenso, opprimente e dolente. C’è dentro tutta la consapevolezza che possa ancora finire tutto da un momento all’altro, tutta la rabbia per le cose che non sono andate come dovevano, tutta la serafica rassegnazione di chi è diventato adulto ritagliandosi fragili spazi di vita vera. E non ci sono più quegli inni di gioia rabbiosa, inviti alla condivisione e all’apertura che hanno segnato i due precedenti lavori: “Come Fare A Non Tornare” è un’implosione violentissima, è una deflagrazione che parte dallo stomaco per devastare subdola ogni più sensibile anfratto del corpo, è la voce di Jacopo che, sorprendentemente conscia, pacata e intonata, dipinge versi radi ma dolorosissimi, è l’incedere lento, ipnotico e avvolgente dei pezzi, scanditi con opprimente regolarità da sembrare una vita intera, difficilmente memorizzabile ma straordinariamente emozionante.

È una svolta alienante e totale che non si nutre di gioia, voci al vento e dita al cielo, ma richiede silenzio, sacrificio e fame di vita vera.
Chissà come andrà finire, chissà se sotto al palco capiranno o se sarà tutta una pioggia sgraziata di lacrimoni di scena e urla a cuor leggero.

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