Emiliano e Luigi sono gli artefici del progetto Aleph-Zero e da poco hanno dato luce a Singularity, ventidue minuti di burrascosa potenza che riesce a spazzare via pure la nebbia più densa degli inverni torinesi.
Gli Aleph-Zero, dopo svariati cambiamenti di formazione, sono giunti ad una formula sonora che li contraddistingue in modo particolare e li colloca in un insieme musicale con grandi nomi della scena post-hardcore come At The Drive-In, nuove leve oltremanica (Are The Ocean) e certi richiami metalcore che per potenza ed emotività mi hanno fatto ricordare i gloriosi All That Remains. Questi due ragazzi sono fortemente consapevoli di quello che fanno e lo riescono a fare in modo più che egregio, tanto da proporre sei canzoni che non hanno cali qualitativi o momenti di noia: un continuo vortice di note che quando raggiungo l’apice di potenza si disintegrano dando vita ai momenti più pacati; la calma dopo la tempesta. La voce, poi, sembra perforare le casse, assume tridimensionalità e va oltre, avvolgendo ogni cuore all’unisono. C’è una fusione che si instaura tra Singularity e l’ascoltatore, tutto sembra entrare perfetta nell’anima e coprire, a volte con odio, a volte con pacato amore, gli spazi vuoti che si generano nella nostra esistenza. È uno di quei dischi che non va ascoltato solo per pogare o per “passione del genere musicale” ma per amare se stessi e capire dove ci siamo persi.
Singularity degli Aleph-Zero è un disco che appare dal nulla e ti fa scoprire due ragazzi che riescono a stravolgerti la giornata e devastarti ogni progetto di vita. Poi come se nulla fosse ringraziano, sorridono e se ne vanno chiudendo la porta. Le nuove leve “post” degli anni dieci.
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