Pauline è una psicologa che lavora a Torino, in un centro dedicato alle future madri e a coloro che madri già lo sono, ma che necessitano di venire accompagnate in un percorso di assistenza psicologica post-parto. Dopo qualche tempo al centro arriva Emma, una giovane attrice di teatro che ha da poco avuto un figlio e che instaurerà con la psicologa un rapporto molto particolare. Grazie ai dialoghi con Emma, Pauline ripercorrerà a ritroso tutta la propria esistenza.
Una film di solidarietà femminile che parte da una delle più complesse verità di ogni epoca, cioè l’importanza e la difficoltà di diventare ed essere genitore e di come ognuno di noi, e una donna in particolare, si pone di fronte ad una responsabilità di queste dimensioni. Il film di Alina Marazzi, documentarista molto apprezzata e perfetta nel fotografare l’universo femminile in perenne mutamento, è costruito come un mix di finzione cinematografica unita alle reali testimonianze di vere madri che si stanno scontrando, o si sono scontrate, con i dubbi e le incertezze della procreazione. Il risultato finale non è però all’altezza delle aspettative, trasformando una splendida idea; parlare delle difficoltà di essere madri al giorno d’oggi, in un’accozzaglia lenta e frammentata senza capo né coda, causa una trama troppo dispersiva e con una caratterizzazione dei personaggi eccessivamente superficiale e ben poco approfondita. Un’occasione quindi sprecata per analizzare adeguatamente i dubbi e le incertezze che attanagliano chi decide, nonostante tutte le controindicazioni, di diventare madre negli anni duemila.
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