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Matthew Herbert – The End Of Silence

2013 - Accidental
elettronica/sperimentale

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Tracklist

1. Part one
2. Part two
3. Part three

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Questo è il disco cattivo di Matthew Herbert. The end of silence è un lavoro dal carattere raggelante, che celebra la consapevolezza della nostra infinitesimale parte di fragilità che risiede nelle profondità del cervello umano. Nel voler raccontare una storia di vera, ordinaria follia il produttore inglese ha utilizzato uno dei più controversi background della nostra attualità. L’esplosione di un ordigno. La deflagrazione, così nitida e riconoscibile di una bomba durante il conflitto libico è un intermezzo di appena qualche secondo nel vagare minimal dei contorni prodotti da Herbert e, a dir la verità, non è che ci stia così bene come accompagnamento.

Non è per una sorta di confusione o ridondanza, ci mancherebbe. Il signor Herbert ci ha abituati a ben altro. Ma è per il contrasto con il “silenzio” (questo si quasi infinito) che si perpetua nelle tre, lunghissime, tracce del lavoro che, se devo essere sincero, non mi rassicura affatto. Cioè, appena concluso l’ascolto della prima parte, non è che ci si senta liberi o esorcizzati da quella deflagrazione, non ci si riappropria delle circostanze che fanno di noi degli individui piuttosto rilassati e consapevoli di non aver mai vissuto, e di non voler vivere mai in futuro, quei cinque secondi di puro terrore. Ovviamente, non è questa la prerogativa del disco di Matthew Herbert. O meglio, molto probabilmente potrebbe non essere questa visto che non sempre ci si premura di voler comunicare un qualcosa di profondo all’ascoltatore e tante volte ci si vuole limitare a campionare dei suoni che, nel contesto di un brano dalle profonde connotazioni elettroniche (seppur minimal) come l’ouverture del disco, forniscano una base armonica orecchiabile. La congiunzione con la seconda parte dell’album si palesa su un sentiero più marcato rispetto al caos calmo della prima e l’inserimento del sample della deflagrazione è questa volta anticipato dal più classico verso di uccellini, un momento di pace prima della tempesta industrial che investe, quasi per intero i 10 minuti del brano. Insomma, ponendo la giusta attenzione ai 18 minuti della terza parte, nella quale la confusione, che è diretta conseguenza dell’esplosione, si congiunge con una gamma di sonorità più lavorate, possiamo dire che la missione di “sorprendere” l’ascoltatore è compita. Facciamo due conti: il lavoro di campionamento effettuato in The end of silence è particolare e, anche se esageratamente sopra le righe rispetto ai contorni dei brani (specialmente nella prima parte), rende bene l’idea e argomenta in maniera chiara le scelte dell’artista; le tre composizioni non mostrano particolari punti di incertezza nonostante la probabile difficoltà che si può trovare nel far digerire il prodotto, nella sua totalità.

È un buon lavoro, di un eccellente artista, ma da l’impressione di essere un po’ forzato, come a voler dire: non sapevo che foto scegliere e così ho lasciato la cornice vuota.

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