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Babyshambles – Sequel To The Prequel

2013 - Parlophone
indie/brit/rock

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Tracklist

1. Fireman
2. Nothing Comes To Nothing
3. New Pair
4. Farmer’s Daughter
5. Fall From Grace
6. Maybeline
7. Sequel To The Prequel
8. Dr. No
9. Penguins
10. Picture Me In A Hospital
11. Seven Shades Of Nothing
12. Minefield

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“Non è che i Babyshambles siano tornati, la band c’è sempre stata.” Così ha affermato Pete Doherty. Dopo sei anni di silenzio da “Shotter’s Nation”, la band inglese capitanata da uno dei personaggi preferiti dei tabloid per le sue storie di droga e per le sue vicende amorose (ricordiamo Kate Moss tra tutte) torna (pardon.. . c’è) con un nuovo album, “Sequel to the Prequel”.

Come dice il titolo, questo nuovo lavoro è un seguito di ciò che i Babyshambles hanno già cominciato: praticamente un continuum del loro Indie Rock a tratti un po’ Noise iniziato con “Down in Albion” e “Shotter’s Nation”. Questo sequel è un po’ come molti altri sequel. Quante volte vi è capitato di dire “era meglio la prima stagione” guardando i nuovi episodi di una serie tv? Bene, la sensazione che si prova ascoltando questo album è la stessa: qualcosa di già visto (o meglio,sentito) e nulla di veramente nuovo o migliore. Una minestra riscaldata insomma. La pappa è la stessa dei lavori precedenti: si alternano ritmi movimentati a ritmi più tranquilli, il tutto in un modo molto spensierato. Niente di pesante da digerire, niente di impegnativo. La minestra va giù facilmente, non scotta, è digeribile. Ma non ne rimane un gusto particolare in bocca. Non lascia né soddisfatti come un bel piatto di carbonara e né disgustati come se ci avessero proposto scarafaggi come menu del giorno. Un po’ insapore come l’acqua insomma. Però non indispensabile come essa. Probabilmente dopo sei anni di attesa i fan si sarebbero aspettati qualcosa di più del solito Indie. Magari qualche traccia diversa ogni tanto, un cambiamento sonoro inaspettato, qualche sorpresa.
L’album scivola via con facilità, non particolarmente degno di nota. In poche parole, manca il sale e il resto del condimento. Forse colpisce più il “ritorno sulla scena” di Pete Doherty e soci in sé che non l’album.
Pongo un accento su “Fireman” e “Dr.No”, tracce un po’ più condite delle altre, la prima più rockeggiante e più trascinante del resto e la seconda un pizzico di Ska per rendere il tutto meno sciapo. Lo chef comunque ha usato poca fantasia e poco entusiasmo nel preparare le portate. Forse Pete Doherty intendeva questo: la band è sempre stata lì, dal 2007 non è mai cambiata, non si è mai mossa dal “primo episodio” e non propone nulla di nuovo. Quindi quel “c’è sempre stata” esprime una situazione di staticità, musicale in questo caso. “Noi siamo sempre stati qui, allo stesso punto in cui ci siamo lasciati”. D’altronde non si può definirlo esattamente un ritorno… Più che altro un avviso per tranquillizzare i fan, tanto per dire “siamo ancora vivi, eh”. Ma, musicalmente parlando, non ci siamo molto…

Mangiare la stessa cosa dopo un po’ stanca. E ripetere le stesse cose dopo sei anni non vuol dire esserci ancora. Si può essere sempre se stessi anche con qualche cambiamento. Un sequel non può essere uguale al prequel.

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=D89QL1XtMos[/youtube]

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