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Interviste

Intervista ai FILARMONICA MUNICIPALE LACRISI

Mescolano tanto, tutto: dalla musica italiana agli spunti internazionali, senza porsi il problema del dove questo può portarli e senza la vergogna della mancanza del basso. A questo aggiungono dei testi veri, non edulcorati, che colpiscono duro ma senza voler fare male.

Facciamo che si parte con voi che ci spiegate il vostro nome?
La band nasce all’interno di una Filarmonica Municipale. Una banda di paese vera, dove alcuni membri delle band attuale suonavano fiati e percussioni. Di lì a conoscersi e decidere di mettere su una band il passo era breve. Dapprima si sceglieva di chiamarci “LaCrisi”, in un secondo momento ci si rendeva conto che il suffisso Filarmonica Municipale ben descriveva il nostro modo di fare musica. Unire in maniera nevrotica caratteristiche opposte ci è sempre piaciuto, insomma.

L’album in uscita si chiama “L’Educazione Artistica”. Dai vostri testi si capisce che qualche cosa in più di molti altri l’avete imparata, quand’è che avete capito che sareste stati in grado di insegnarla?
Mah…il discorso è molto più semplice, in realtà. Il titolo dell’album non deve fuorviare. Non vogliamo insegnare niente, tantomeno crediamo di avere imparato verità così autorevoli da imporre. Il disco è composto da 10 canzoni (nove nostre e una, “Donne di Raso”, del cantautore Riccardo Stefani) nate in maniera spontanea, velocissima, in meno di 1 mese. Parlano di cose meschine, con pochissimo margine di fantasia, vengono da esperienza diretta e questo è vero; ma sopratutto volevano raccontare storie. Non storie casuali, sia chiaro. Si tratta di storie di precariato, di quotidianità gretta, di lettere d’amore gridate forte oltre una coltre di veleni lavorativi, di cose mai dette ad una mamma che vorremmo fosse ancora con noi. Volevamo, quindi, che fossero dirette, tanto comunicative e meno artefatte possibili. Particolarmente questo disco è la cronaca godibile di un apprendimento. Abbiamo dovuto imparare a raccontare il nostro vissuto al pubblico più largo possibile e quindi tornare ascoltatori, cercare di capire meglio le regole della comunicazione veloce. Ne valeva la pena. Un po’ come alle scuole medie, l’Educazione Artistica serviva non tanto a formare futuri artisti o creare attitudini nel bimbo, ma a capire le regole-cardine della comunicazione verbale, artistica o musicale che fosse. Non è voler insegnare, è voler “fare imparare”.

C’è da pensare (e sperare) che dopo l’uscita partirà una raffica di live, è così? Qualche data già in programma?
Stiamo definendo le date di un tour che, con buona pace della nostra Dacia Logan ci porterà in gran parte della penisola. Per il momento, siamo concentrati sulla presentazione del 5 Ottobre assieme al fantastico Alessandro Fiori che, per l’occasione, sarà un membro aggiunto della Filarmonica Municipale LaCrisi. Un membro graditissimo.

Avete già suonato parecchio in passato, condividendo il palco con singoli e gruppi molto importanti del panorama italiano. Qualcuno con cui vi piacerebbe suonare in futuro?
Abbiamo condiviso palchi importanti con artisti lodevoli, tra i tanti ricordiamo con piacere Brunori SAS, Virginiana Miller, Zen Circus, Nobraino, Giardini di Mirò. Per il futuro , ma anche per il presente ci auguriamo di poter collaborare il più possibile con Alessandro Fiori, che è uomo e cantautore finissimo da cui c’è tantotanto da imparare. E poi Nick Cave e David Byrne. Capissero l’italiano.

Molti gruppi toscani, a livelli diversi, riescono ad infilare nei testi descrizioni così ravvicinate della vita che a volte fa quasi male sentirli. Dite che è la regione geografica che aiuta? È il pane senza sale?
Non saprei, senz’altro il pane sciocco ci aiuta ad assaporare meglio un sacco di cose. Un po’ anche per contrasto, se vuoi. Difatti abbiamo il prosciutto toscano, che è parecchio salato. Nel nostro caso, abbiamo notato che abbandonando un po’ di sovrastrutture e di atteggiamenti nella scrittura, la poetica, le immagini e i significati arrivano molto più diretti. Quasi a ferire, certo. Perché l’ascoltatore, vedendoti disarmato, abbassa i propri, di atteggiamenti; rimette le proprie difese, si fa’ debole e si immedesima. E quello è il momento migliore per ferire. L’immedesimazione è un po’ la nostra trappola preferita, una tagliola sempre tesa. La Toscana, da parte sua, ci offre scenari di una bellezza rurale tale, che non possono che foraggiare questa voglia comunicativa.

Avete una formazione leggermente atipica (vibrafono, sassofono baritono, organo, trombone…), come siete nati? Com’è arrivata l’idea di mettersi a fare musica insieme?
Le evoluzioni della Filarmonica, per arrivare a questa formazione, sono state molteplici e dettate sempre dalla voglia di raggiungere una formazione stabile e coesa. Ancora prima di porci problemi di strumentazione, ci siamo sempre posti, piuttosto, domande riguardo agli strumentisti, al gusto, alla determinazione e alla concezione musicale dei singoli. Non sono rari nella nostra formazione dei cambi di ruoli, basti pensare che Matteo (attualmente a vibrafono/organo/synth) prima era il batterista della band. Questi cambi, se avvengono in armonia sono segnale importantissimo della salute di una band e della sua volontà di crescita. Crescita che molto spesso si traduce in esigenze sempre diverse e sempre maggiori. In tutto questo, fondamentale è stato l’aiuto e la supervisione di Nicola Baronti, produttore artistico e motivatore di tutte le band di PHONARCHIA DISCHI.Da qui si arriva alla formazione attuale che prevede un Cantante-Chitarrista affiancato da due fiati dalla timbrica caratteristica, come Sax Baritono e Trombone; passando per un corpo di vibrafono, organo e synth ed un drumkit minimale. Tutto in barba all’assenza del basso.

Nell’album ci sono influenze, rimandi, dediche, spunti, richiami e suggerimenti esterni. È una cosa che vi viene naturale, mescolare così tanta musica, così tanti generi per dare vita ad qualcosa di nuovo o tante di queste cose sono talmente radicate in voi stessi che sarebbe impossibile allontanarle nel momento in cui si suona?
Sostanzialmente siamo innamorati di un certo tipo di cantautorato e composizione che ha fatto scuola nell’Italia degli anni ’60/’70 e che, oggi, grida vendetta. Mi riferisco a Dalla, Tenco, Lauzi, Ciampi, Graziani. Artisti diversissimi tra loro che hanno contribuito tutti in larga parte alla formazione del gusto e della cultura nazional-popolare di quegli e questi anni. Assieme ai cantautori, vuoi per i trascorsi sinfonici che abbiamo, siamo molto legati alle colonne sonore indelebili di Piccioni, Umiliani, Rota, Morricone, Micalizzi. Credo che, anagrafe a parte, quella sia l’epoca che più ci appartiene. Nelle macchine dei nostri genitori si ascoltavano quei dischi, li cantavamo imparando anche le parti stonate delle audiocassette guaste, rimaste troppo tempo al sole. Naturale che ci escano così spontanei certi rimandi.

Sulla vostra pagina c’è scritto che venite da Pisa/Livorno. È realmente possibile? Non vi ritrovate con sfottò a bomboletta sul furgone scritti gli uni agli altri?
Non scordiamo il pane sciocco. Quello unisce tutti. A dirla tutta è anche molto divertente come condizione. Siamo una band bastarda di 2 pisani e 3 livornesi ( chi scrive, per la cronaca, è peggio d’un morto in casa…), nata a Pisa tra le file di una banda di paese e naturalizzata a Livorno tra le barche di un piccolo cantiere nautico, in cui abbiamo la nostra salaprove. In entrambi i casi, abbiamo conosciuto solo aspetti peculiari molto suggestivi delle due città. Di sicuro, quindi, non ci ritroveremo a offenderci sul furgone a vicenda.
Abbiamo la Dacia.

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