Sesto lavoro targato Goldfrapp. Sesto capitolo o parentesi. Ogni album un cambio totale di atmosfere, ogni lavoro totalmente differente dal precedente. Nuovi suoni, nuovo concept. Sei album che rendono i Goldfrapp il gruppo dal genere musicale indefinibile. E c’era molta curiosità nel comprendere la direzione intrapresa stavolta dal duo inglese.
La struttura è di quelle geniali: dieci tracce, dieci nomi ad eccezione di “Stranger”. Dieci storie. Ogni canzone la colonna sonora di altrettanti racconti. E’ musica ‘da narrazione’ e ci rendiamo conto subito dell’atmosfera da fiaba, un mondo colorato, immaginario, irreale. La voce di Alison sempre inconfondibile e al suo posto anche se a volte può risultare perfino di troppo nel contesto sonoro. I videoclip di “Drew” ed “Annabel” (musicalmente una delle tracce migliori), rispettivamente primo e secondo singolo dell’album, sono chiaramente la trasposizione visiva della concezione di “Tales of Us”. Due brani bohemien, leggeri, in un album cantastorie. Il cantastorie è quella figura della cultura folklorica che si spostava nelle piazze e raccontava con il canto una storia. Usava uno strumento musicale e si aiutava con un cartellone dove veniva raffigurata la storia. Tutto questo è esattamente “Tales of Us”. L’ottima “Ulla” sembra quasi venir fuori da “Mezzanine”, “Stranger” è un film in bianco e una macchina in corsa, da un passato e da un mondo lontano.
Bisognerebbe partire dal principio, da quel “Felt Mountain” di tredici anni fa ed ascoltare la biografia musicale di questo gruppo in ordine cronologico. Solo così si può entrare a pieno nell’universo Goldfrapp e capire totalmente quest’ultimo capitolo.
Un lavoro fuori dal mercato attuale e dalle logiche pop, audace e che difficilmente raggiungerà i successi di “Supernature” e “Head First” che avevano trasportato il gruppo su una piattaforma dance. E forse, chissà, è meglio così.
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