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BARONESS – Tunnel, Milano, 15 ottobre 2013

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Certe volte la vita prende e strappa tutto ciò per cui hai sempre lottato, cerca di portar via i tuoi sogni e scaraventarli in un buco nero. Quando tutto ciò accade sono solo due le cose che si possono fare: abbandonare tutto e lasciare che il destino ti culli verso la fine, oppure lottare per riabbracciare i tuoi sogni  e continuare a combattere per non farli svanire.
Ebbene, i Baroness hanno scelto di percorrere la seconda strada, e dopo il bruttissimo incidente stradale che vide coinvolto il loro tourbus circa un anno fa e dove rischiarono la vita, hanno deciso di riprendere i loro strumenti e combattere per il loro sogno; e così sono ripartiti per un lungo tour da protagonisti, per scaldare i loro fans di tutto il mondo. Noi abbiamo avuto la fortuna di assistere al loro concerto al tunnel di Milano e abbiamo potuto sentire tutta la forza che sprigionava la loro musica.

Tocca ai Royal Thunder aprire il concerto, il Tunnel si sta riempendo, il trio sale sul palco, probabilmente ben pochi tra i presenti ne hanno sentito parlare (era la loro prima volta in Italia), ma sono bastati pochi secondi per capire che non sarà l’ultima volta che li vedremo nel nostro paese. Hanno una carica eccezionale, una pozione di generi che ha lasciato tutti a bocca aperta, una band hard rock/metal con un futuro assicurato. Parlo con i ragazzi della band e mi spiegano che devono molto ai Baroness, che li ascoltarono durante un concertonella loro città natale e decisero di portarli con loro in tour: ascoltandoli a mia volta ho capito il motivo di tale decisione.
È tutto pronto per lo show principale, i Baroness entrano e un Tunnel stracolmo li accoglie a gran voce. Un’ora e un quarto di pura libidine e forza, poche parole con il pubblico ,ma tutto quello che devono dire lo dicono tramite la propria musica. La scaletta è tra le più classiche: si parte con l’intro strumentale “Ogeechee hymnal” , e subito lo stage si scalda con “Take my bones away” e “March to the sea”,  una dopo l’altra ad infiammare l’aria del locale. Acustica perfetta e pura energia, Baizley concede qualche sorriso alle prime file, ma questo di sicuro non lo distrae dal proprio compito. Il concerto prosegue sulle note di “A horse called Golgotha”, per proseguire poi in maniera perfetta con “Foolsong”. La voce Di Peter Adams non accenna a dare segni di cedimento e così tutta l’energia che c’è sul palco coinvolge i presenti. Passano le canzoni, “Little things” , “Green theme”, “Swollen and halo”, “Board up the house” e “Seal lungs”, fino ad arrivare a “Cocainium”: Baizley prende il microfono e inizia a diventare il mattatore della serata coinvolgendo maggiormente il pubblico.

La band si ferma per qualche minuto promettendo però di suonare ancora tre canzoni: eccoli risalire in un batti baleno. Questa volta è Peter Adams a prendere la parola ringraziando i presenti e scusandosi della sua poca loquacità (ragazzo di poche parole). Giusto il tempo di finire il breve discorso, ed eccoli suonare magistralmente i 3 brani dell’encore The sweetest curse”, “Jake leg” e “Isak”, tre brani esplosivi per ricordare a tutti che i Baroness sono ancora vivi e che si sono ripresi in mano il loro sogno.

SETLIST
“Ogeechee hymnal”
“Take my bones away”
“March to the sea”
“A horse called Golgotha”
“Foolsong”
“Little things”
“Green theme”
“Swollen and halo”
“Board up the house”
“Sea lungs”
“Cocainium”
“The line between”
“Eula”
“The gnashing”

Encore:
“The sweetest curse”
“Jake leg”
“Isak”

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