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Placebo – Loud Like Love

2013 - Vertigo/Universal
alternative/pop/rock

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Tracklist

1.Loud Like Love
2.Scene Of The Crime
3.Too Many Friends
4.Hold On To Me
5.Rob The Bank
6.A Million Little Pieces
7.Exit Wounds
8.Purify
9.Begin The End
10.Bosco

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Quando esce un album nuovo di una band come i Placebo, le aspettative sono tante e c’è il rischio di non mantenerle. Questo è quello che è successo con Loud Like Love, settimo lavoro per Brian Molko e soci, che sembra un lontano parente di Spleeping With Ghosts, Without You I’m Nothing e Meds.

Quello che si evince dall’ascolto di Loud Like Love è un ritmo privo di innovazioni creative, con la maggior parte delle canzoni che uniscono sonorità rock a quelle pop più orecchiabili. Va detto che è comunque meglio del precedente Battle For The Sun, probabilmente il punto più basso della loro carriera.
Il primo singolo estratto, Too Many Friends, ha tutte le caratteristiche per rimanere nelle playlist radiofoniche. La canzone è una critica feroce verso i social network e la scelta di avere più amici virtuali rispetto a quelli reali, che ricalca in pieno il pensiero del leader del gruppo. La title-track Loud Like Love è la classica canzone in stile Placebo: fra chitarre e batteria procede in un’ascesa ritmica sostenuta sempre dalla splendida voce di Brian Molko. Scene Of The Crime si apre con un battito di mani molto allegro e trascinante, ma per il resto è una traccia scontata e già sentita altrove. Rob The Bank e Purify non convincono e anzi si fa fatica a farle restare a mente anche dopo più di un ascolto. A Million Little Pieces e Hold On To Me sono per certi versi simili: suoni malinconici che non dispiacciono, ma potevano essere decisamente meglio.
Fortunatamente il disco non è tutto uguale e, anzi, verso la fine si alza di livello, proponendo tre canzoni di ottima caratura.
Begin The End è un brano struggente che, pur mantenendo intatte le caratteristiche base della band, si sviluppa in un lungo crescendo emotivo e sonoro. A convincere, maggiormente, sono Exit Wounds, dove tutto gira come si deve e il ritornello funziona perfettamente e la conclusiva Bosco, che alterna sfuriate chitarristiche, con qualche velato inserimento elettronico, a momenti più intimi.

Oltre a queste tre tracce, l’unica cosa positiva dell’album è la caratteristica voce di Brian Molko, sempre incisiva ed emozionante. Per la serie: un disco senza infamia e senza lode…

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