In Inghilterra in un imprecisato presente, o in un futuro prossimo venturo, si snodano sei storie riguardanti l’uso dei social network, della tecnologia e di come i vari mezzi di comunicazione di ultima generazione o futuri possano variare la percezione collettiva della realtà.
Cos’è il Black Mirror, ovvero ‘lo specchio nero’, nella fantasia del regista e ideatore delle due mini serie, Charlie Brooker, uno che la sa lunga di mezzi di comunicazione, avendo lavorato e lavorando in radio, in tv e on-line: “E’ quella superficie translucida e seducente che solo uno schermo di una tv, di un PC o di uno smartphone possono offrire”. Black Mirror è quindi una versione contemporanea di “The Twilight Zone”, meglio conosciuto alle nostre latitudini come “Ai confini della realtà”, in un periodo, quello odierno, in cui non sono più la ‘semplice’ fantascienza, l’imprevisto e le invasioni aliene preannunciate a farle da padrone, ma bensì qualche cosa di più concreto e già oggi palpabilissimo. In Black Mirror tutti e sei gli episodi risultano essere fra loro scollegati in termini di continuum narrativo, in una sorta di novità del genere, ma al tempo stesso sono uniti da un minimo comun denominatore, l’impiego spasmodico che nel corso degli episodi si fa dei social network, della visione delle trasmissioni TV, dell’uso dei sondaggi politici capaci di spingere chiunque a compiere le azioni più strane e inconsulte solo per raggiungere un miglior consenso popolare. Queste le chiavi di lettura di una fiction che a oggi vanta solo sei episodi, tutti costruiti, chi più chi meno, con una rara carica di efficacia. Sei critiche feroci alla nostra società o prossima ventura. Storie capaci di toccare il mondo della politica, dei reality, dei futuri prossimi venturi, degni degli angoli più reconditi nell’immaginario di Orwell o Huxley, fino ad arrivare ai ricordi filtrati da tecnologie che oggi appaiono come fantascientifiche ma in fin dei conti non troppo irraggiungibili. Due serie costruite sempre variando il cast degli interpreti, sempre cercando di colpire nel pieno dello stomaco lo spettatore, diventando forse una critica troppo feroce e per questo sin troppo ‘politically correct’ e parziale nei confronti di tutto quello che è tecnologico. Se avete apprezzato “The Twilight Zone” o simili non potete rinunciare a Black Mirror astenetevi se perditempo e smanettoni innamorati del vostro smartphone.
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